È finalmente giunta nel mondo della scuola un’innovazione che rompe l’egualitarismo che ha governato la percezione e l’autopercezione della categoria degli insegnanti dagli anni settanta ad oggi, almeno nel nostro Paese. La figura introdotta è quella del “docente esperto”, quando l’unico avanzamento di carriera previsto da decenni è quello dell’anzianità.
La figura esiste già in altri Paesi. Ad esempio in Francia è consolidata da decenni quella del professore “agrégé”, un/a docente che ha superato un concorso bandito dallo Stato ogni anno su numeri che dipendono dal fabbisogno su ciascuna materia. Al conseguimento della qualifica, quest’insegnante lavora con un orario ridotto e uno stipendio più alto . Non ha alcuna responsabilità nei confronti dei colleghi e non eroga formazione interna.
Quando si mettono delle risorse su un certo tema, perché rinunciare a prendere due piccioni con una fava, là dove questo sia possibile? C’erano modi di ottenere risultati più vasti? Probabilmente sì, perché questo docente esperto potrebbe essere facilmente trasformato in un insegnante supervisore/mentore/tutor.
Una domanda, tuttavia, sorge spontanea. Non è che gli insegnanti esperti ci sono già? Diversi anni fa, Dario Ianes, docente di pedagogia speciale, parlava di questi docenti come “risorse latenti”. Quelle specializzate sul sostegno, con master in didattica e psicopedagogia degli alunni con funzionamento nello spettro autistico o con disturbi specifici di apprendimento, ma anche esperti di questa o quella tecnologia o di questa o quella tecnica didattica.
pfasce Magari fosse l'apertura alle carriere. Non è così che si apre al merito, perché non sono 9 anni di corsi che fanno l'esperienza. Bene la valutazione dei d., la prova pratica in diversi istituti e diverse situazioni, poi anche i corsi. Ma non di fuffa pedag.!
pfasce È la dimensione del provvedimento che fa sorridere. Meno di un docente per istituto. Certo, è un inizio.
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