Chi l’ha detto è squallido. La verità è che io a Chiara voglio bene, per me è come una sorella minore. Ho cercato di consigliarla, proteggerla e starle a fianco. Come avrei potuto fare del male e ricattare una persona che per me è di famiglia e che mi trattava come uno di famiglia?».
Per sette ore davanti al pm Gianfranco Colace l’ex capo ufficio stampa del Comune Luca Pasquaretta si difende da accuse gravissime: estorsione, corruzione, peculato. Si presenta con un malloppo di documenti contenuto in una borsa di tela griffata Salone del Libro, trentesima edizione: quella per cui è accusato di aver intascato 5 mila euro per una consulenza fasulla. «Non ho intenzione di fare il capro espiatorio.
Tutta questa storia di veleni, rancori, presunti favori, soldi e incarichi chiesti, promessi, ottenuti o negati, in fondo ruota intorno a una donna diventata inaspettatamente sindaco e a chi per due anni ne è stato l’ombra. «Dopo piazza San Carlo tra di noi è nato un rapporto strettissimo, di stima e amicizia, esteso alla sua famiglia».
Il collante di questa indagine e di quel che ne emerge è quello di un uomo bulimico, ambizioso, talvolta ossessionato dal potere e dalla fame di agguantarlo. Di sicuro instancabile. E insoddisfatto della sua retribuzione. Gli inquirenti lo accusano di aver preso soldi per agevolare incontri tra assessori e imprenditori, per aver aiutato alcuni amici a ottenere trattamenti privilegiati. Pasquaretta nega: «Mai agevolato nessuno.
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