DALL’INVIATO A BEIRUT. Gli scontri fra Azerbaigian e Armenia nella regione del Nagorno Karabakh si sono trasformati in una guerra di attrito, con il dispiego di mezzi imponenti. Come già nella Siria nord-occidentale e in Libia all’inizio dell’anno, i protagonisti sono i droni armati. Baku ne fa un uso massiccio e schiera centinaia di velivoli, soprattutto di tre tipi. «Droni-civetta» di fabbricazione cinese, per ingannare le difese aeree armene.
Foto e video imperversano sul Web, subito analizzati dagli specialisti. Un’immagine è già nella «storia militare» perché mostra un drone ripreso da un secondo, più in alto, mentre sul terreno si vedono gli effetti di un raid di un terzo velivolo: l’azione è stata definita «attacco con droni multi-strato». Ma dietro lo sfoggio di tecnologia c’è il dramma umano.
Le vittime civili sono per fortuna finora contenute. L’Armenia ha dichiarato sette morti fra la popolazione. L’Azerbaigian ha denunciato l’uccisione di 22 suoi cittadini e il ferimento di altri 55. Due giornalisti francesi del Monde sono rimasti feriti a Martuni, vicino alla linea del fronte, da un raid dell’artiglieria azera. Erevan è sfavorita in una guerra di attrito, ha appena un quinto della popolazione azera, e può schierare un quarto degli uomini.
Baku ritiene che questa sia un’occasione storica. In questi decenni ha sviluppato la sua industria del gas e del petrolio. Un nuovo gasdotto la collega alla Turchia e può esportare il suo metano in Europa senza passare dalla Russia. Mosca è il primo protettore dell’Armenia. Ha due importanti basi militari vicino a Erevan. Ma da cinque anni coltiva anche un rapporto strategico, seppure accidentato, con Ankara, e ha buone relazioni con il presidente azero Ilham Aliyev.
Come in Siria e Libia, però, la guerra dei droni si sta trasformando anche in una guerra di mercenari. Sotto accusa sono soprattutto l’Azerbaigian e l’alleata Turchia. Emmanuel Macron è tornato ad attaccare il leader turco Recep Tayip Erdogan e ha puntato il dito contro l’uso di mercenari siriani al fronte. «Secondo i nostri Servizi segreti – ha puntualizzato il presidente francese - 300 combattenti sono arrivati a Baku dalla Siria passando per Gaziantep nel Sud della Turchia.
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