Il Pentagono accusa la Russia di aver abbattuto il drone statunitense precipitato vicino a Tripoli due settimane fa. L’abbattimento del velivolo americano era arrivato subito dopo quello di un Predator italiano a 80 chilometri a Sud della capitale. In entrambi i casi i miliziani fedeli al maresciallo Khalifa Haftar si erano dichiarati responsabili.
L’arrivo dei rinforzi da Mosca, a partire dall’autunno ha permesso ad Haftar di riprendere l’attacco, impantanato dallo scorso aprile. Le sue milizie hanno anche imposto una “no-fly zone” tutto attorno alla capitale. In questo contesto è stato abbattuto, volontariamente, il nostro drone, mentre quello americano sarebbe stato colpito, secondo il generale americano Stephen Townsend, “per errore”.
Ora però il Pentagono vuole che i russi restituiscano i resti del Predator. «Dicono di non sapere dove siano – ha precisato Townsend -. Ma noi non ci crediamo. Li rivogliamo indietro». Anche il governo di Tripoli conferma che l’aereo è stato colpito «dai mercenari russi». Mosca non ha replicato ma in precedenza ha ribadito che non usa «contractor dell’esercito all’estero» e che se ci sono combattenti russi in Libia sono «civili volontari».
I Servizi di Intelligence occidentali però confermato che sul fronte tripolino ci sarebbero almeno «alcune centinaia» di contractor russi. Il loro intervento ha fatto pendere la bilancia di nuovo a favore di Haftar, che è sostenuto anche da Egitto, Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti.
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