ROMA. Dall’Iraq, il giorno dopo l’esplosione che ha schiantato un team di incursori italiani, puntuale arriva la rivendicazione dell’Isis. Non c’è da meravigliarsi. Da quelle parti la guerra al terrorismo non è mai finita. Gli incursori italiani erano sul campo per seguire un’operazione dei peshmerga appunto contro cellule dell’Isis. E si è subito capito che l’esplosione era un colpo di coda dei terroristi.
Come è evidente dagli effetti, la pattuglia è stata investita in pieno da una deflagrazione. Probabilmente una trappola esplosiva che è stata attivata sotto i loro piedi. Resta da capire se c’era un innesco nascosto oppure se è stata attivata a distanza con un telecomando. Poco importa, però.
Anche sull’Iraq, è tempo di conversioni. Luigi Di Maio, da ministro degli Esteri, ieri a Bruxelles ha magnificato la missione. «In Iraq è una missione di formazione ai militari iracheni che combattono contro Isis. È una missione che incarna tutti i valori del nostro apparato militare».
Ma perché I 5 stelle ancora esistono e parlano
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