Perché gli antichi egizi erano ossessionati dai gatti? Dalle statue ai gioielli passando per gli allevamenti e le mummificazioni, la passione dei faraoni per i felini è arrivata sino a noi, millenni più tardi. Secondo i racconti dello storico greco Erodoto, gli egiziani si rasavano addirittura le sopracciglia in segno di rispetto quando piangevano la perdita di un gatto di famiglia.
I mici erano così adorati che gli antichi egizi chiamavano o soprannominavano i loro figli con i nomi dei felini di casa. Pare che il più famoso fosse Mitt, che significa gatta. La sepoltura più antica di un gatto sinora rinvenuta risale al 3800 avanti Cristo. Tuttavia, alcune ricerche suggeriscono che questa ossessione non fosse sempre gentile e affettuosa: ci sono prove di un lato più sinistro e commerciale.
Negli scavi sono stati ritrovate prove di antichi allevamenti, probabilmente da uccidere e mummificare in tenera età per essere inseriti nelle tombe dei più benestanti come mezzo per placare o chiedere aiuto alle divinità. A dimostrarlo sono anche le radiografie svolte sulle mummie dalla Swansea University, in Gran Bretagna. «Davanti all'immagine ai raggi x ci siamo resi conto che c'era un gatto morto molto giovane: dalla conformazione ossea, aveva meno di 5 mesi e il suo collo era stato deliberatamente rotto», spiega il professor Richard Johnston. «È stato uno choc».
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