Freddo polare a Palazzo: tutte le finestre aperte per frenare il contagio, sussurri preoccupati su Casini finito allo Spallanzani.
Draghi precisa che questa non è la sconfitta della politica, nessuno deve fare un passo indietro, semmai un passo avanti . E vuole mostrarsi premier a tutto tondo, non solo uomo di finanza: «Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta». Finalmente un errore, Giorgetti lo corregge, i ricoverati in terapia intensiva sono duemila non due milioni. Sollievo dei senatori con una punta di maligna soddisfazione: pure Draghi è umano. I fotografi non mollano il sottosegretario Garofoli, le cui orecchie sembrano sul punto di staccarsi.
Il discorso è finito, ma la cosa non è chiara perché sull’«amore per l’Italia» al premier si è strozzata la voce per l’emozione. Nel dubbio, applausi, che crescono di intensità quando si capisce che è finita davvero. Draghi chiede timidamente: «Posso sedermi?». La presidente Casellati e la segretaria generale Elisabetta Serafin, premurose, fanno cenno di sì con la testa.
Ora dovrebbe andare alla Camera per depositare il discorso, ma viene bloccato dai senatori in fila per congratularsi; in effetti deve ancora nominare i sottosegretari; gli altri si incamminano velocemente verso la buvette. Gasparri, abbastanza disgustato: «A me votare con la sinistra fa schifo, mi è piaciuta però la chiusa di Draghi sull’amor di patria». Zanda, vecchio saggio: «Qui sembra che il problema sia lo sci. Ma allora l’Ilva? L’Alitalia? Le Autostrade?».
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