Il sogno americano è a portata di mano se hai una partita di eroina da rivendere - La Stampa

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È difficile raccontare che cosa è stato Selby per diverse generazioni, fino alla mia, quando all’inizio degli anni novanta tornò di moda anche grazie a un film di Uli Edel con J ... Le recensioni 📖 di Tuttolibri .

È difficile raccontare che cosa è stato Selby per diverse generazioni, fino alla mia, quando all’inizio degli anni novanta tornò di moda anche grazie a un film di Uli Edel con Jennifer Jason Leigh, tratto dal suo libro più celebre, che tutti ci fiondammo a leggere, avidi di prosa sboccata e di rivolta. Mi ritrovai all’epoca nel più distante dei contesti – un allegro traghetto per la Grecia – a piangere come un vitello sulla scena di uno stupro collettivo.

Selby aveva un mondo – i bassifondi di Brooklyn – ma gli mancava una lingua, quella che aveva a disposizione non era sufficiente a raccontare quello che aveva visto, l’aria che aveva respirato, le persone che aveva incontrato. Toccava inventarsela. E così questo illetterato autodidatta senz’arte né parte, questo ragnetto storto e allucinato soprannominato «Cubby» , angariato da tutti i bulli italiani del quartiere, tirò fuori da chissà dove una lingua tutta nuova.

Quando pubblicò il primo racconto fece subito scalpore, ma mai quando lo accostò ad altre quattro storie e ne fece un libro,, pubblicato nel 1964 e subito sequestrato per oscenità. Allen Ginsberg ci andò subito a nozze e si augurò che il romanzo esplodesse come una colossale bomba nei cieli americani. E così fu.

 

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