aveva accolto la domanda dell'istituto di credito, che chiedeva un risarcimento di, ritenendo il notaio responsabile per non aver accertato lo stato civile della donna. In, però, la Corte territoriale capovolse la decisione ritenendo che il professionista avesse svolto gliavendo fatto affidamento anche su quanto affermato da un terzo, il mediatore finanziario, in un secondo momento rivelatosi un truffatore.
In questa prospettiva, prosegue la sentenza, l'identificazione della parte, fondata,"oltre che sull'esame della carta di identità , anche sul confronto dellaai fini dell'istruttoria del mutuo, consente di ritenere adempiuto l'obbligo professionale".
Per la Cassazione, dunque, la motivazione offerta dalla Corte territoriale avendo fatto leva"sulla presenza di, tutti concorrenti a costruire un quadro di ragionevole certezza circa l'identità delle parti", deve considerarsi"ragionevole" e"logica". La sentenza, argomenta la Cassazione, ha infatti valorizzato la"comparazione effettuata tra i documenti di identità forniti dalle parti e la documentazione approntata dall'istituto di credito mutuante in sede di istruttoria per la stipulazione del mutuo". A questa attività di comparazione"si è aggiunta anche la garanzia del mediatore finanziario, solo successivamente rivelatasi inveritiera".
Se invece, argomenta la Corte, si volessero svalutare tali"importanti elementi acquisiti dal professionista, si dovrebbe ritenere che, al di fuori dei casi di conoscenza personale degli stipulanti, il
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