La marcia pacifica che domenica attraverserà la città di Derry, in Irlanda del Nord, percorrerà le stesse strade scelte cinquant’anni fa, il 30 gennaio 1972, dai manifestanti attaccati dai soldati del Primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico.
La strage acuì enormemente il clima di tensione tra gli unionisti e gli indipendentisti, cresciuto dalla fine degli anni Sessanta in Irlanda del Nord. In particolare ilfavorì l’ascesa dei terroristi separatisti dell’IRA, che ottennero grande sostegno da parte della popolazione.
Nel gennaio del 1998 l’allora premier Tony Blair annunciò l’apertura di una nuova inchiesta – affidata a Lord Saville of Newdigate – basata su nuove prove e testimonianze. Le indagini durarono dodici anni e costarono 250 milioni di euro. Il rapporto, lungo 5mila pagine, è stato presentato il 15 giugno del 2010 e ha stabilito che tutte le persone uccise erano disarmate, tranne un ragazzino, Gerard Donaghey, che probabilmente aveva con sé alcune bombe carta.
Nessun manifestante aveva aggredito in alcun modo i soldati, che spararono dunque per primi senza alcuna provocazione e senza neanche avvisare la folla. Dopo la pubblicazione del rapporto il primo ministro britannico David Cameron con le persone uccise e i loro familiari per il comportamento del Regno Unito, dicendo che «l’attacco dei soldati ai manifestanti è stato ingiustificato e ingiustificabile» e che «nessuno dei morti e dei feriti poteva essere considerato una minaccia».
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