Credo che la mia generazione si sia affacciata alla politica o, meglio, alla vita pubblica ascoltando quella frase, pronunciata da un ragazzo poco più grande di noi., e che mentre mezza Italia invocava la pena di morte perdonava gli assassini e, di più, pregava per loro.
Le parole di Giovanni Bachelet al funerale di suo papà Vittorio non rappresentano solo il culmine del cattolicesimo democratico, di una certa idea di percepire la politica come «la più alta forma di carità» e il potere come verbo, non come sostantivo . Ebbero l’effetto di una scossa di commozione, di energia, anche di fiducia su bambini, ragazzini, adolescenti cresciuti durante gli anni di piombo, che fino a quel momento non avevano ben capito quel che stava accadendo.Chiesi a mio nonno Aldo: «Ma sono più le persone buone, come noi, o quelle cattive, che mettono le bombe sui treni?»
. Non ricordo cosa e se mi abbia risposto. Anche il nonno, che pure era passato attraverso la guerra d’Africa, il fascismo, la Seconda guerra mondiale, la Resistenza, la ricostruzione, il nonno che mi parlava per ore della sua giovinezza grandiosa e terribile — Hitler, Stalin, Mussolini —, era senza parole di fronte a un orrore che sfuggiva alla sua comprensione.
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