Cinepresa fissa e un solo personaggio in campo a parlare, raccontare e raccontarsi come un fiume in piena. È il cantante brasiliano, diretto da Renato Terra e Ricardo Calil e presentato come evento speciale fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Un film «volutamente austero e minimalista», lo definiscono i registi, che ripercorre le dolorose memorie di Veloso durante il periodo di detenzione di 54 giorni sotto la dittatura militare brasiliana nel 1969.
Lo incontriamo via schermo, è collegato dal Brasile con una camicia a fiori e un’energia sempre più invidiabile per i suoi 78 anni.«Se potessi vorrei portare ai giovani una visione di chiarezza sui fatti della vita. Le nuove generazioni specie in Brasile vivono sotto una nube di disinformazione e paura di affrontare la realtà».«La creazione artistica rappresenta sempre una minaccia per un potere autoritario.
A proposito di cultura, lei è stato amico del regista Michelangelo Antonioni, che cosa ha rappresentato per la sua vita il cinema italiano? «È stato fondamentale per la mia formazione. Avevo 15 anni quando sono rimasto folgorato da La strada di Fellini, a casa eravamo tutti pazzi del neorealismo, in famiglia vedevamo i film di Rossellini e De Sica. Ho visto tutti i film di Fellini, adorato Visconti e poi ho incontrato Antonioni. Un grande onore l’amicizia con lui, venne in Brasile per un festival e insieme al regista Julio Bressane andammo con lui a cena.
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