C’è un interrogativo che non trova risposta dopo il fallimento di Air Italy e le vicende Alitalia:La crisi sembra riguardare solo le compagnie aeree e non le imprese aeroportuali: nel 2017 i passeggeri movimentati dagli aeroporto italiani sono stati 174.628.000 contro 184.811.000 nel 2018 secondo gli ultimi dati dell’ENAC.
Quindi a fronte di un numero crescente di passeggeri che utilizzano l’aereo per spostarsi in Italia e fuori dall’Italia, le compagnie aeree nazionali non riescono a cogliere il trend positivo. Anche perché di fronte a un consistente bacino di traffico i primi che ne dovrebbero tratte vantaggio dovrebbero essere proprio i vettori nazionali.
La presenza delle low cost da anni sta dominando il mercato e oggi rappresentano il 51,3% del mercato nazionale contro il 48,7% dei vettori nazionali. Se Ryanair guida la classifica, quest’anno easyJet prevede di superare Alitalia: entrambe si attestano attorno ai 20 milioni di passeggeri. A rendere difficile il confronto con le low cost sono le asimmetrie fiscali vigenti nei paesi della UE, sempre secondo il report: se in Irlanda Ryanair paga tasse sulla società, sul costo del lavoro e contributi sociali sulla base della legge irlandese e quindi ridotte rispetto a quelle italiane, ne consegue che ci sono compagnie che hanno il percorso facilitato.
Il paradosso? Strutture elefantiache e stipendi esagerati. Non è un paradosso, é il lento suicidio di alcuni coglioni
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