La riduzione della capacità di mantenere l’attenzione per lunghi tratti di tempo è da anni uno dei temi più discussi nell’ampio dibattito sull’influenza dei social media sulle persone, in particolare quelle. Descritta perlopiù come un problema e associata non solo a Internet ma ad altre evoluzioni tecnologiche e fenomeni più o meno recenti, questa riduzione è spesso percepita come un aspetto tipico della contemporaneità.
Molte persone dell’epoca, oltre che affascinate dalle leggende sugli asceti, erano stupite del contrasto tra la fantasia di quelle metafore e la straordinaria staticità del corpo dei monaci. Si raccontava che un certo monaco di nome Hor, scrive Kreiner, visse in una chiesa per 20 anni senza mai alzare lo sguardo verso il soffitto nemmeno una volta. E che una monaca chiamata Sara visse vicino a un fiume per 60 anni senza mai osservarlo.
Simeone Stilita il Vecchio in un’icona della seconda metà del XVI secolo esposta al museo storico di Sanok, in Polonia L’impegno dei monaci a evitare qualsiasi interazione umana era a volte talmente estremo da rendere famoso il loro procedere con lo sguardo rivolto verso il basso, ogni volta che uscivano dai monasteri. Ma nonostante ogni loro sforzo, persino i più solitari comprendevano presto e con una certa delusione che i contatti con il mondo esterno e le possibili fonti di distrazione erano in una certa misura inevitabili.
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