Le sconfitte della Serbia in Coppa Davis non passano inosservate. Sono una questione nazionale, smuovono i sentimenti, convocano il volere divino. Figuriamoci poi se arrivano in un quarto di finale deciso all’ultimo punto del doppio contro la Russia, con in campo Djokovic e in panchina Janko Tipsarevic all’ultimo match prima del ritiro e a cui tutti speravano di fare domenica uno specialissimo regalo d’addio. 

Così in conferenza stampa finisce in lacrime capitan Zimonjic, poi scoppia a piangere anche il giovane Krajinovic, sconfitto malamente (6-1 6-2) nel primo singolare da Rublev. E persino Djokovic - sceso in campo in doppio a fianco di Troicky dopo aver pareggiato il conto con Khachanov - perde la pazienza, come aveva già fatto del resto in campo per un paio di chiamate discutibili del giudice di sedia, sparando anche una pallata in tribuna. 

«Cosa ne penso del formato della Davis?», risponde bruscamente il Djoker ad un giornalista. «Sono tre giorni che ne parlo, vatti a riguardare l’archivio del tuo giornale…». Per poi concludere: «sono esausto, non vedo l’ora di andare in vacanza». Anche perché fra un mesetto sarà già ora di ricominciare e in mezzo c’è la preparazione invernale. 

Il più distrutto di tutti però è Viktor Troicky, l’eroe della finale vinta a Belgrado nel 2010, quando sconfisse Llodra nel singolare decisivo, e stavolta il peggiore in campo, specie nel tie-break finale che ha deciso l’esito dell’incontro. «Non mi sono mai sentito peggio in tutta la mia carriera. Anzi, in tutta la mia vita», sospira, rosso in faccia. «Ho fatto perdere la mia squadra, chiedo scusa a tutti. Eravamo in vantaggio nel tie-break ma non abbiamo saputo cogliere le occasioni per chiudere. E’ stata una partita piena di emozioni, alla fine non sono stato capace di mantenere la concentrazione. Dio una volta mi ha concesso l’opportunità di essere un eroe, stavolta me l’ha tolta». Dio, patria e Coppa Davis. Ovvero la gara tanto sbeffeggiata ma che persino in un formato assurdo e assolutamente da rivedere come quello di quest’anno sa strappare i nervi e congestionare l’anima. A riassumere il concetto meglio di tutti è ‘Tipsi’ Tipsarevic, un cuore grande che batte sotto i tatuaggi, nell’improvvisato discorsetto d’addio alle armi (tennistiche): «Viktor non deve scusarsi, nessuno deve farlo, sono cose che capitano nello sport. Ma se c’è qualcosa che mi mancherà dopo il ritiro saranno proprio le emozioni di partite come queste».  

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