17 novembre 2019 - 21:23

L’Iran a fuoco: rivolta per la benzina
I manifestanti parcheggiano in strada

Banche e pompe incendiate. Interviene Khamenei. I ragazzi usano un’app (israeliana) per creare ingorghi

di Viviana Mazza

L'Iran a fuoco: rivolta per la benzina I manifestanti parcheggiano in strada
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«Alcune persone sono sicuramente preoccupate, ma appiccare il fuoco a una banca non è un atto del popolo ma di teppisti». La Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei punta il dito contro due nemici — i nostalgici dello Scià e i Mujaheddin del popolo, che vogliono il cambio di regime — per i disordini in corso da tre giorni nella Repubblica Islamica. Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo assicura al popolo: «Siamo con voi», mentre un funzionario dell’amministrazione, Alan Eyre, ritwitta un messaggio dei Mujaheddin del Popolo.

Khamenei ha difeso la decisione presa giovedì dal governo di Hassan Rouhani di raddoppiare il prezzo della benzina, un annuncio che ha portato ancora una volta gli iraniani, come a fine dicembre 2017 e nel 2018, a protestare per il carovita. Venerdì mattina i cittadini si sono svegliati scoprendo il rincaro della benzina a causa di una riduzione dei sussidi statali. Ora ciascun iraniano può comprare fino a 60 litri di benzina al mese a 15mila rial (11 centesimi di euro) al litro (il doppio per ogni litro aggiuntivo). Il presidente Rouhani ha spiegato che questo è l’unico modo per fronteggiare le sanzioni americane e aiutare le famiglie più bisognose, ma nel fatto che ha annunciato la mossa a mezzanotte qualcuno legge un tentativo di evitare che la gente scendesse subito in piazza. In ogni caso, è accaduto il giorno dopo. Ieri i media di Stato affermavano che sono un migliaio gli arresti finora, in un centinaio di città. La polizia ha lanciato un duro monito: i responsabili sono stati individuati, verranno affrontati con decisione. In molti casi, specie nella capitale, gli automobilisti hanno inscenato una nuova forma di manifestazione pacifica, lasciando le macchine parcheggiate sulle maggiori arterie stradali per bloccare il traffico — usando qualche volta anche Waze, una app di ideazione israeliana che indica dove si trovano gli ingorghi. Ma ci sono anche video che mostrano proteste violente — enfatizzati dai media di Stato: «100 banche e 57 grossi negozi incendiati o saccheggiati in una sola provincia». «Diversi morti»: nessuno riesce a contarli. E’ difficile appurare l’entità delle proteste, degli scontri della polizia e il numero di vittime, anche perché l’accesso a internet è stato ridotto — secondo il sito Netblocks fino al 7% del normale ieri mattina — per cominciare a tornare alla normalità solo in serata. Le organizzazioni dei diritti umani temono che il blocco del web contribuisca alla repressione, ma va preso con cautela per ora l’annuncio che i morti sarebbero già una dozzina, rilanciato dalla tv saudita «Al Arabiya».

Alcuni economisti notano che la decisione di Rouhani è in linea con ciò che il Fondo monetario internazionale consigliava all’Iran già nel 2018: i sussidi sul carburante incidono per l’1,6% sul Pil e si tratta di un modo inefficiente di assistere la popolazione più bisognosa; meglio aiuti in contanti. Il prezzo della benzina resta (anche dopo il rincaro) tra i più bassi del mondo, ma in Iran, come in altri Paesi produttori di petrolio, i cittadini considerano i sussidi quasi un diritto, e vederseli portar via accentua la rabbia di chi ha visto i risparmi sparire con l’inflazione al 40%.

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