ROMA. Stefano Cucchi è morto in conseguenza del pestaggio subito da alcuni carabinieri nella caserma della Compagnia Casilina. Lo ha accertato la prima Corte d’Assise di Roma, che ha condannato Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro - due dei tre militari accusati di omicidio preterintenzionale - a 12 anni di reclusione, contro i 18 chiesti dal pm Musarò.

Assolto invece «per non aver commesso il fatto» il militare dell’Arma Francesco Tedesco, il primo ad aver accusato i colleghi del pestaggio, unico imputato presente in aula, che ha commentato: «È finito un incubo». Lo stesso Tedesco ha tuttavia ricevuto una condanna a 2 anni e mezzo per l’accusa di falso, insieme al maresciallo Roberto Mandolini, che ha avuto 3 anni e 8 mesi per lo stesso reato.

Medici prescritti e una assolta
«Soddisfatto» - secondo il suo legale, Serena Gasperini - il carabiniere Riccardo Casamassima, che «è stato il testimone cardine del processo, aprendo poi la strada alla confessione di Tedesco». Si è concluso invece con la decisione di «non doversi procedere» e la prescrizione del reato di omicidio colposo il processo d’Appello Ter per Aldo Fierro, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo: i quattro medici dell’ospedale Sandro Pertini, che si occuparono a vario titolo del geometra romano durante i sei giorni di ricovero nel reparto protetto dove è poi deceduto.

Assolta invece dalla stessa accusa, per non aver commesso il fatto, la dottoressa Stefania Corbi, quinto medico coinvolto nell’inchiesta. La sentenza sui camici bianchi coinvolti nella vicenda è giunta dopo due ore di camera di consiglio, è stata emessa dalla seconda corte d’assise d’appello.

La lettura della sentenza Cucchi della Corte d'Assise di Roma

Una coincidenza temporale ha fatto sì che le due sentenze fossero pronunciate lo stesso giorno, sia pure in aule diverse. «Come si concilia questa sentenza col fatto che nello stesso giorno la corte d’Assise d’Appello ha dichiarato la prescrizione per i medici?», dicono però i difensori dei carabinieri condannati. «Leggeremo le motivazioni della sentenza e faremo certamente appello», avverte l’avvocato Giosuè Bruno Naso, legale di Mandolini. Di «condanna ingiusta» e di ricorso in appello parla anche Maria Lampitella, difensore del carabiniere D’Alessandro, amareggiata del fatto che la corte non abbia accolto la richiesta di interrompere la camera di consiglio per disporre una super perizia che eliminasse ogni dubbio sul nesso di causalità.

Di Maio: non è accettabile
Considerazioni che non offuscano il sollievo dei familiari di Stefano per la sentenza di primo grado del processo bis, a dieci anni di distanza dalla sua morte. «Stefano è stato ucciso, lo sapevamo, forse adesso potrà riposare in pace», ha detto Ilaria Cucchi.

Soddisfazione e vicinanza è stata espressa su Facebook dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: «Oggi lo Stato abbraccia la famiglia Cucchi. Ma lo fa con ritardo, dopo anni di silenzi e complicazioni - ha detto. - Quello che è accaduto a Stefano non può essere accettabile in uno Stato di diritto». Un commento anche dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Se qualcuno lo ha fatto è giusto che paghi, sono vicinissimo alla famiglia - ha affermato - Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque».

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