acciaio

Roberto Gualtieri: «Nazionalizzare l’Ilva è pericoloso». Ma torna la carta Cdp

di Alessandra Puato

Roberto Gualtieri: «Nazionalizzare l'Ilva  è pericoloso». Ma torna la carta Cdp

Che fare con l’Ilva? Lo Stato deve (e può, senza violare le regole della concorrenza europee) entrare per salvare impianti e posti di lavoro, oppure no? Fra le parti sociali e quelle politiche, anche all’interno dello stesso governo, le opinioni sono diverse. Mentre i 5 Stelle si esprimono a favore di un intervento pubblico, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, Pd, l’altra ala dell’esecutivo quindi, tira un poderoso freno. Ma apre alla Cassa depositi e prestiti, il forziere di Stato. Che tornerebbe quindi a essere il perno di un intervento di salvataggio e rilancio dell’acciaieria di Taranto, dopo il flop della cordata Acciaitalia battuta proprio da ArcelorMittal due anni fa. Addossare allo Stato tutti i costi di un risanamento industriale «è una pericolosa illusione», ha detto oggi Gualtieri, secondo quanto riporta l’Ansa, rispondendo all’incontro Metamorfosi di Huffpost sull’ipotesi di nazionalizzazione dell’ex Ilva. Un intervento della Cdp, però, «non va escluso dalla cassetta degli strumenti di cui disponiamo» mentre «l’idea che nelle crisi industriali c’è una soluzione magica con lo Stato che compra è una pericolosa illusione, eviterei una discussione bianco e nero», ha aggiunto Gualtieri.

I 5 Stelle

Di opinione diversa sull’intervento dello Stato Barbara Lezzi, senatrice del Movimento 5Stelle, che su Radio 24, oggi a 24 Mattino, ha dichiarato: «Ci vuole una partecipazione pubblica per fare gli investimenti e mettere in sicurezza». Però anche Lezzi ha precisato: «Non è una statalizzazione, deve essere un intervento pubblico non strutturale che porti a un imprenditore privato che deve fare profitto, ma a norma di legge». Mentre un altro esponente governativo di M5S, la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, ha chiesto che l’acquirente fuggito dopo l’abolizione dello «scudo penale», ArcelorMittal, rimanga rispettando gli accordi. «ArcelorMittal ha posto sul tavolo un dimezzamento dei livelli occupazionali con circa 5 mila esuberi — ha detto Catalfo —. È chiaro che è un’azione che il governo non approva, noi avremo altri incontri con l’azienda, e il prossimo sarà domani, ma è chiaro che vogliamo il rispetto dell’accordo visto che ArcelorMittal ha partecipato a una gara pubblica con determinati requisiti. Se adesso in pochissimo tempo non vuole più mantenere i requisiti, anche quindi i livelli occupazionali, vuol dire che c’è un problema serio che va affrontato». La nazionalizzazione è «un’idea ragionevole, non folle» anche per il ministro della Salute, Roberto Speranza, Pd: «Nessuna soluzione può essere esclusa, anche quella della partecipazione pubblica», ha detto oggi. E un intervento della Cdp «sarebbe una strada abbastanza naturale».

Italia Viva

Intanto, due emendamenti che riguardano l’ex Ilva di Taranto al Decreto Fiscale sono stati presentati da Italia Viva. In commissione Finanze della Camera il partito di Matteo Renzi ha presentato un doppio emendamento per ripristinare lo scudo penale per ArcelorMittal. Con esso, gli attuali manager sarebbero messi al riparo dai processi per danno ambientale a carico dell’acciaieria di Taranto.

I sindacati

Divisi all’apparenza nelle dichiarazioni, ma convergenti su Cdp anche i sindacati. Per Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, sulla questione dell’ex Ilva «il governo deve innanzi tutto fare una cosa: riparare all’errore gravissimo di togliere lo scudo penale», ha detto a un convegno all’Università Cattolica. E ancora: «Abbiamo bisogno di regole chiare, certezze e rispetto delle questioni industriali. Non si possono continuamente cambiare le regole in corso d’opera». Per Maurizio Landini, segretario della Cgil, invece l’ingresso dello Stato sarebbe auspicabile e cosa buona. «Oggi c’è un accordo che va fatto rispettare — ha detto Landini oggi a Milano —. Troveremmo utile che dentro a questa società ci fosse anche una presenza pubblica. Il governo decida con quale strumento esserci: se Cdp o un altro fondo, così come succede nel resto d’Europa e del mondo».

La posizione di Cdp

L’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, in un’intervista ai giornalisti del Corriere della Sera pubblicata oggi su L’Economia, il supplemento in edicola gratis con il quotidiano, ribadisce che «l’acciaio è strategico» per il Paese. E ricorda la cordata Acciaitalia alla quale la stessa Cdp, con la precedente gestione, partecipò alla gara per l’Ilva, vinta poi nel 2018 da ArcelorMittal: con Cassa depositi c’erano l’indiana Jindal (acciaierie di Piombino), la Delfin di Leonardo Del Vecchio e Arvedi. Ci vollero mesi allora per Cdp per valutare l’operazione, che sempre fu ritenuta strategica per il controllo della filiera dell’acciaio. Alla fine ci si riuscì, ma ArcelorMittal a sorpresa battè con la sua offerta la cordata di Stato e privati.

L’industria di base

Ora le parole di Gualtieri, se da un lato bloccano l’intervento diretto dello Stato, riaprono al ruolo di Cdp: «È uno strumento che non va escluso dalla cassetta degli attrezzi di cui disponiamo», ha detto. Perché l’Italia «deve rimanere un grande Paese manifatturiero» e per riuscirci «ha bisogno di un’industria di base e, quindi, anche della siderurgica». Come governo, aggiunge, «pensiamo che avere un grande produttore moderno e ambientalmente sostenibile di acciaio a ciclo integrale sia nell’interesse strategico dell’Italia e dell’Europa» e «siamo impegnati per questo». Se da un lato ArcelorMittal deve «rispettare gli impegni industriali e ambientali che ha preso e firmato», dall’altro lo Stato «deve essere in grado di dare tutte le necessarie garanzie giuridiche e amministrative» a «sostegno della capacita’ di affrontare questo momento congiunturale difficile, ma senza mettere in discussione gli obiettivi industriali». Si tratta di capire in che tempi e in che termini un eventuale intervento di Cdp possa essere messo in piedi. E la proposta pubblico privata possa essere avanzata senza intoppi, anche dall’Ue. Questa volta, senza sbagliare il prezzo.

I commissari straordinari

Le condizioni giuridiche del recesso del contratto di affitto dell’ex Ilva, preliminare alla vendita, non ci sono e quindi Arcelor Mittal deve andare avanti. È questo il cuore del ricorso con urgenza e cautelare, ex articolo 700, che verrà presentato in settimana al Tribunale di Milano dai legali dei commissari straordinari. Intanto, è atteso in giornata il deposito sempre nel palazzo di giustizia milanese dell’atto con cui la multinazionale chiede il recesso del contratto.

Bloccate le materie prime

Nel frattempo, dopo aver sospeso da venerdì lo scarico delle materie prime necessarie alla produzione dal porto di Taranto, ArcelorMittal ha per ora sospeso anche lo sbarco sulla banchina Costa Morena Est del porto di Brindisi Lo dice ad Agi il segretario generale dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico meridionale, porti di Bari e Brindisi, Tito Vespasiani. «L’ultima nave che ha fatto scalo a Brindisi per il siderurgico di Taranto è ripartita tra mercoledì e giovedì della settimana scorsa - afferma Vespasiani -. Al momento, non ci sono navi per l’ex Ilva, né previsioni di arrivo. Di solito, l’arrivo di una nave ci viene anticipato, via agenzie marittime locali, con una settimana di anticipo. Allo stato invece non c’è nulla. Quindi - prosegue Vespasiani - se dovessero arrivare prenotazioni di arrivi, queste riguarderebbero navi che giungerebbero a Brindisi nella settimana prossima».

ULTIME NOTIZIE DA L’ECONOMIA
>