pagamenti digitali

Una giornata senza contante: come abbiamo pagato metro, caffè e medicine solo con carte e app

di Gabriele Petrucciani

Una giornata senza contante: come abbiamo pagato metro, caffè e medicine solo con carte e app

Pensare a una vita senza soldi (in tasca, si intende, quindi contante e monetine) sembra quasi impossibile. Verrebbe meno la quotidianità, o meglio i piccoli gesti abituali di tutti i giorni: come, per esempio, entrare in un bar e prendere un caffè, oppure comprare il giornale, un pacchetto di gomme o un biglietto per l’autobus. Come si fa se non si ha neanche un euro a portata di mano? Eppure ci si può riuscire. Basta avere gli strumenti per farlo e abituarsi a un nuova gestione dei soldi: quella digitale. A patto, però, che anche l’infrastruttura (tutta) si adegui. Il governo Conte-bis, comunque, ci crede e ha previsto per il 2020 una serie di misure per contrastare l’evasione e favorire l’utilizzo della moneta elettronica. A partire dalla stretta ai pagamenti in contanti, con il limite massimo che dovrebbe scendere nuovamente a 1.000 euro. E poi sono allo studio diversi incentivi sui pagamenti tracciabili: tra questi, il cashback, ovvero il rimborso di una percentuale di quanto speso, o una detrazione del 19% per gli acquisti in settori considerati ad alto rischio di evasione, ma anche la possibilità di far valere doppio lo scontrino ai fini della nuova lotteria che dovrebbe partire dal prossimo gennaio.

Niente contante

Dunque, conviene giocare d’anticipo e cominciare ad abituarsi a forme di pagamento alternative al contante. Il mercato ne è pieno. E non sono solo carte di credito e debito, ma anche applicazioni «veterane» come PayPal e Satispay, o i wallet (portafogli virtuali) nativi di Apple, Google, Samsung o Huawei. Il Corriere della Sera ha provato per voi lettori a vivere una giornata senza contante (e monetine) a Milano: con noi avevamo solo il telefonino e due carte (una di debito e l’altra di credito). Abbiamo sperimentato diversi servizi. Non è mancato qualche intoppo, ma nel complesso tutto è filato liscio.

Visualizzazione a cura di Paola Parra
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Al bar

Sveglia di buonora e colazione al bar. Non vado dal mio amico Luca, perché già so che non ha Satispay e se gli chiedo di pagare un caffè con la carta di debito (gergalmente detta bancomat) o mi fa una ramanzina oppure mi dice di passare l’indomani. Premetto che gli esercenti sono obbligati per legge ad accettare i pagamenti (anche quelli micro) con bancomat (il rovescio della medaglia è l’assenza di sanzioni se non li accettano), ma sono tenuti anche a pagare una commissione (solo variabile o fissa più variabile, a seconda del circuito utilizzato e della tariffa attivata) su ogni transazione. Con Satispay, invece, per transazioni fino a 10 euro nei punti vendita fisici non è previsto il pagamento di alcuna commissione (sul web si paga lo 0,5% fino a 10 euro e lo 0,5% più un fisso di 20 centesimi di euro sopra i 10 euro). Cerco quindi un bar con il logo Satispay, bevo un caffè e pago. Dal cellulare apro l’applicazione, seleziono il punto vendita dalla lista e trasferisco 1 euro.

Visualizzazione a cura di Paola Parra
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I trasporti

Ora rotta verso il centro di Milano. Decido di prendere la metropolitana, ma non ho il biglietto. Evito di passare da una tabaccheria e mi affido all’applicazione di Atm che ho già scaricato sul cellulare. La apro, vado nella sezione «Biglietti» e clicco in basso su «Acquista con carta di credito»; seleziono il numero di biglietti da acquistare (1 in questo caso) e poi faccio un tap (tocco del dito sullo schermo del telefono) su «Acquista». Il sistema mi chiede di completare l’acquisto tramite PayPal (è un servizio di pagamento collegato alla carta di credito o conto corrente); autorizzo, inserisco le mie credenziali con il Face Id (riconoscimento facciale) e il biglietto virtuale si materializza sullo smartphone. Arrivo alla stazione della metropolitana, convalido il biglietto sul cellulare e supero i tornelli dalle entrate abilitate a leggere il codice QR sul telefono (su tutta la rete di Milano è possibile superare i tornelli anche usando semplicemente una carta di credito contactless, all’entrata e all’uscita). Un pranzo e poi il caffè Trascorro la mattinata tra i negozi di via Torino, senza sperimentare acquisti, anche perché ormai in tutti i negozi è possibile pagare con le carte. Comincio allora a cercare un posticino in cui mangiare. Nella scelta mi oriento verso i ristoranti più piccoli che, anche se improbabile, potrebbero non avere il Pos (Point of sale, il terminale per i pagamenti). Ne individuo uno: street food greco. Ordino un «gyros pita» a base di carne di maiale e una bottiglietta d’acqua. Costo totale 5 euro. Mangio con calma e poi chiedo di pagare con bancomat. Il titolare non fa storie. Anzi, mi dice che non ci sono problemi, si allontana e torna con il Pos. Si è fatto tardi. Devo correre verso la scuola di mio figlio per i colloqui. Così decido di prendere un taxi al volo. Salgo e chiedo subito se è possibile pagare la corsa con il bancomat. Anche in questo caso nessun problema. In 10 minuti arrivo a destinazione, il tassista prende il mobile Pos e saldo il dovuto in pochi secondi. Dopo aver parlato con gli insegnanti mi avvio verso l’uscita della scuola e incrocio nel corridoio un distributore automatico di caffè. Non ho monetine con me, ma leggo sul distributore che è possibile fare acquisti attraverso un’applicazione dedicata. Prendo il telefono, la scarico dallo Store e la apro. È possibile collegarla al proprio conto PayPal. Così faccio una ricarica da 5 euro, mi collego tramite App al distributore e compro un caffè.

Visualizzazione a cura di Paola Parra
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Cashback in farmacia

Tornando verso casa faccio prima tappa al supermercato, dove acquisto un po’ di cose per la cena (pago con carta ma, per chi vuole, la catena in cui mi sono fermato offre anche la possibilità di pagare con Satispay), e poi mi reco in farmacia a ritirare alcuni integratori che avevo ordinato il giorno prima. Qui non ho dubbi: pago sempre con Satispay, perché il cashback è sempre molto ricco e, a secondo dei giorni, varia dal 6% fino al 15 per cento. Sull’applicazione ho creato un piccolo salvadanaio in cui trasferire tutti i rimborsi ottenuti sugli acquisti. Così, grazie al cashback, nell’ultimo anno ho accumulato risparmi per oltre 100 euro. Prima di andare alla “maison” mi fermo per un’ultima commissione alla lavanderia sotto casa: ritirare 3 camicie che ho portato a lavare. Costo complessivo 4,50 euro. Ma quando chiedo di pagare con bancomat mi sento rispondere che il Pos è «fuori uso» e che stanno aspettando il tecnico. Volendo potrei prendere le camicie e tornare a «saldare» domani: la legge me lo consente, considerando che l’esercente è obbligato a mettere il cliente nella condizione di poter fare acquisti con tutti i mezzi di pagamento accettati, compresa quindi la moneta elettronica. Lascio perdere e dico che passerò il giorno dopo.

Ora, possiamo fare due ipotesi. La prima: il Pos era veramente fuori uso. La seconda: il titolare ha provato a fare il furbo per non pagare le commissioni. Non possiamo sapere dove stia la verità; certo è che se dal governo arrivassero incentivi anche per gli esercenti, per esempio azzerando la commissione sui micropagamenti (al momento è allo studio), tutto diventerebbe più facile. E digitale.

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