Cassazione

Oltraggio al finanziere «giustificato» se è la reazione a un arbitrio

di Patrizia Maciocchi

2' di lettura

Nessuna condanna per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, se chi dà in “escandescenze” sfiorando anche l’aggressione fisica, lo fa per reazione a una prevaricazione. A beneficiare del principio ricordato dalla Cassazione (sentenza 44627), è stato un datore di lavoro che, nel corso di un’ispezione della Guardia di finanza, si era scagliato contro il verbalizzate, arrivando ad un palmo da lui, prima di essere fermato da alcuni presenti. Il motivo dell’ira stava nel modo in cui gli ufficiali interrogavano i suoi dipendenti: facendo domande a “trabocchetto” sulla data di inizio del rapporto di lavoro. L’uomo era stato assolto dal reato di resistenza, mentre per l’oltraggio aveva beneficiato dell’applicazione dell’articolo 131-bis sulla particolare tenuità del fatto che garantisce la non punibilità ma conferma il reato.

Le domande a trabocchetto - L’imputato aveva fatto comunque ricorso perché puntava ad ottenere la scriminante della causa di non punibilità, che scatta quando un incaricato di pubblico servizio o un pubblico ufficiale va oltre il suo potere commettendo atti arbitrari. Contro l’assoluzione per il reato di resistenza aveva fatto ricorso invece il pubblico ministero. La Cassazione, accoglie la tesi del “focoso” datore di lavoro, e considera inammissibile il ricorso del Pm. Ad avviso della pubblica la scelta di escludere la resistenza era del tutto ingiustificata, perché l’imputato con l’ atteggiamento violento e minaccioso, assunto nel corso dell’ispezione, aveva di fatto ritardato la redazione del verbale.

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La scriminante - Diverso il parere della Cassazione, che invita il giudice a cui rinvia per un secondo verdetto, a valutare la scriminante a causa dei presunti abusi commessi dai finanzieri. Una non punibilità che è possibile non solo quando c’è realmente una prevaricazione, ma anche quando l’azione viene percepita come arbitraria per le modalità con cui viene condotta dal pubblico ufficiale. Nello specifico gli estremi c’erano, perché le domande erano insidiose e tali da confondere i dipendenti. Quanto al rallentamento dell’attività della Guardia di finanza, questa non c’era stata. Il posticipo nella redazione del verbale era dovuto a cause che non avevano a che fare con le intemperanze del titolare della ditta che, anzi, aveva collaborato e consegnato i documenti. Alla fine la reazione scomposta e anche minacciosa era stata una forma di opposizione ad un modo di procedere interpretato come scorretto. La Cassazione rinvia ai giudici di appello perché ne tengano conto.

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