DALL’INVIATO A BEIRUT. La crisi aperta dall’assalto ai curdi nella Siria nord-orientale era stata appena disinnescata e subito se ne è aperta una nuova fra Turchia e Stati Uniti. A scatenare la rabbia di Erdogan, questa volta, è la decisione della Camera dei rappresentanti americana di riconoscere il genocidio armeno. È un passo che era stato rinviato per 35 anni, per il timore di una rottura con l’alleato Nato. Ma l’invasione del Rojava, l’uccisione dell’attivista curda Hevrin Khalaf da parte delle milizie arabo-sunnite alleate di Ankara, i rapporti sempre più stretti con la Russia, hanno spinto i deputati a un voto bipartisan, a schiacciante maggioranza, 403 a 16. L’uccisione di un milione e mezzo di armeni, una delle principali minoranze cristiane nell’allora Impero ottomano, è ora accostata dall’America al genocidio degli ebrei, o a quello dei Tutsi in Ruanda. E questo è inaccettabile dalla Turchia.

La replica è stata immediata, l’ambasciatore statunitense ad Ankara, David Satterfield, è stato convocato dal ministero degli Esteri. Poi, nel pomeriggio, è arrivata la replica di Erdogan. Il voto della Camera, ha puntualizzato il presidente turco, «non ha alcun valore» e ha chiesto alla Casa Bianca di rigettarla. Erdogan ha poi alluso a una possibile cancellazione della visita a Washington del 13 novembre: «Non ho ancora preso una decisione – ha spiegato -, ci sono punti interrogativi». In realtà i rapporti con Donald Trump sono migliorati, dopo che il leader Usa ha deciso di ritirare le sanzioni imposte in seguito all’offensiva militare nel Nord-Est della Siria. Ieri la Camera ha anche approvato una legge che chiede al presidente di reintrodurle.

Erdogan ha infine ottenuto la sua fascia di sicurezza e il ritiro dei guerriglieri curdi delle Ypg. Ma con l’aiuto di Putin. Ieri ha anche ribadito che è pronto ad allargare la fascia. In realtà lo sta già facendo. I combattenti arabo-sunniti hanno continuato l’offensiva, questa volta contro l’esercito governativo siriano che ha sostituito i curdi ai margini della zona cuscinetto. Ci sono stati scontri a Tall Tamer. Migliaia di curdi e di cristiani sono fuggiti fra nuvole di fumo per le esplosioni, nel timore che arrivassero i miliziani.

Il voto della Camera Usa sul genocidio armeno è stato accolto con soddisfazione in questa regione della Siria. Parte dei massacri, delle deportazioni, si sono svolti nel Nord-Est siriano, dove c’è ancora una piccola comunità armena. E ora l’avanzata turca minaccia non solo i curdi, ma anche armeni e i cristiano-siriaci. Tutte minoranze solidali fra loro. E i timori si riaccendono: «Non vorremmo che nel 2119 l’America si ritrovi ad approvare un’altra risoluzione, per riconoscere un nuovo genocidio, compiuto in questi giorni».

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