30 ottobre 2019 - 09:23

La mamma della bambina investita a Chieri: «Emma sta meglio, il tempo si era fermato ora torniamo a vivere»

Annabianca: «Ci dissero che c’erano davvero poche possibilità. È stato un miracolo»

di Lorenza Castagneri e Massimo Massenzio

La mamma della bambina investita a Chieri: «Emma sta meglio, il tempo si era fermato ora torniamo a vivere» Annabianca, la mamam della piccola Emma travolta da un suv in retromarcia nel cortile dell’asilo
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«Per me questo è stato un miracolo». Seduta su una panchina verde della sala d’attesa del reparto di Chirurgia ad alta intensità dell’ospedale Regina Margherita, Annabianca Vincenzi si lascia andare, mentre pensa alla storia della sua Emma, due anni e mezzo, investita tre settimane fa da un suv in retromarcia nel cortile dell’asilo che frequentava, a Chieri. L’incidente le ha provocato un grave trauma cranico. Ma da qualche giorno Emma sta meglio: è sveglia, cosciente e ha iniziato a pronunciare le sue prime parole.

Annabianca, siete più tranquilli?
«Abbiamo ricominciato a respirare, ma siamo solo all’inizio. Emma avrà bisogno di altri interventi, di esami per accertare eventuali danni neurologici e la degenza andrà avanti mesi».

Però qualche passo avanti c’è stato?
«Sì. Emma ha iniziato a mangiare gli omogeneizzati e la frutta nel vasetto, mi ha chiamata «mamma», si è ricordata il nome del suo fratellino, Tommaso. Ma passa anche molte ore a dormire. E poi c’è il dolore, che in certi momenti è forte».

Piange?
«Non tanto. Mia figlia è sempre stata testarda. Ora tutto il suo carattere lo ha tirato fuori per affrontare questa battaglia. Anche il suo buon umore. È davvero una guerriera come qualcuno ha scritto: non ha mollato un attimo».

Che cosa vi hanno detto i medici quando siete arrivati qui la prima volta?
«Da subito ci hanno avvertito che la situazione era gravissima, molto critica e che c’erano poche possibilità che Emma potesse superare l’intervento al cervello. Che se anche lo avesse superato, non è detto che si sarebbe risvegliata e, qualora questo fosse successo, il recupero della coscienza non era scontato. Ha avuto il trauma più grosso che potesse esserci».


Da mamma come si è sentita?
«Mi sono chiesta che vita e che felicità avrebbe potuto avere una bimba che non era più cosciente, ma presente solo con un corpicino che aveva superato un incidente e un intervento».

Alla responsabilità di quello che è successo avete mai pensato?
«No. Ci fidiamo di ciò che stanno facendo le persone che devono accertare quello che è accaduto».

E i rapporti con l’asilo come sono?
«Abbiamo detto fin da subito a una delle maestre di Emma, Giada, che non ce l’abbiamo con lei. Lei non ha colpa, è sempre stata deliziosa con mia figlia, sappiamo che è devastata quanto noi per quello che è successo».

Detto ciò è stato un incidente grave.
«Gravissimo».

Che cosa ricorda del giorno dell’incidente?
«È successa una cosa particolare. Stavo uscendo di casa con l’altro mio figlio, che ora ha cinque mesi, per andare dal pediatra. In quel momento vedo l’elicottero dell’elisoccorso. Ero con mio padre e gli ho fatto notare che stava scendendo in zona asilo e gli ho detto: “E se fosse per Emma?”. E lui: “Ma perché dobbiamo pensare così?”».

E poi?
«Nel frattempo mi hanno contattata. Io ero dal medico, non avevo il cellulare sotto gli occhi, subito non ho risposto. Quando l’ho saputo il mondo si è fermato. Allora ho chiesto se l’elicottero era per Emma e, dopo qualche secondo di silenzio, dall’altra parte del telefono mi hanno risposto “sì”».

E quando siete arrivati in ospedale?
«Siamo venuti qui senza sapere nulla. Io sapevo soltanto che mia figlia era stata investita, che un’auto le aveva schiacciato la testa e che era in attesa di una tac. Quando sono arrivata al Regina mi sono chiesta se era ancora viva, non che cosa si era fatta: un bimbo che arriva in elicottero e intubato non si è rotto un braccio».

Sente di dire qualcosa ai medici che stanno seguendo Emma?
«Sono bravissimi, sono davvero bravissimi e noi siamo tanto fortunati a essere qui e ad avere un ospedale come il Regina Margherita in grado di occuparsi di questi casi».

E che cosa vi dicono dei progressi di Emma?
«Non si sbilanciano, come tutti i medici, ma ci sembrano colpiti».

E ora?
«Ci siamo organizzati. Da Emma ci alterniamo io, mia sorella, mio padre e mio marito. Tornerà al lavoro solo oggi grazie ai suoi responsabili che hanno mostrato molta solidarietà. Lo stesso vale per i nostri amici. Per il resto, la nostra casa di Chieri è chiusa da tre settimane. Per qualche giorno, siamo stati in un bed and breakfast, ora abbiamo trovato ospitalità a CasaOz. E poi ci sono anche mia suocera e mio cognato. Tutti ci hanno dimostrato un affetto pazzesco».

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