BUENOS AIRES. Il risultato delle elezioni presidenziali in Argentina conferma le previsioni della vigilia. Il trionfo di Alberto Fernandez riporta il peronismo al potere in Argentina in un momento in cui il Paese vive una gravissima crisi economica e l'America Latina è scossa da tensioni. Il conteggio dei voti si è chiuso con Fernandez, del Frente de Todos, al 48,04%, dinanzi al presidente uscente, Mauricio Macri, che ha ottenuto il 40,44% (un vantaggio di 8 punti, meno di quello che pronosticavano i sondaggi ma comunque sufficiente per evitare il ballottaggio). La transizione inizierà già oggi, quando Macri e Fernandez si incontreranno per una colazione alla Casa Rosada.

Fernandez, avvocato essantenne, ex capo di gabinetto del governo di Ne'stor Kirchner, prenderà le redini del potere il prossimo 10 dicembre. Il ritorno del peronismo al potere è spiegato soprattutto da un risultato impressionante nella provincia di Buenos Aires, dove la formula Fernandez-Cristina Kirchner ha segnato 16 punti di vantaggio sul ticket Macri-Miguel Pichetto. In un grande evento nel quartier generale del Frente de Todos, al grido di "Alberto presidente, Alberto presidente", Fernandez ha promesso di collaborare con il presidente uscente perché l'unica cosa che lo preoccupa è che "gli argentini smettano di soffrire una volta per tutte"; e ha anche chiesto al governo di Macri di essere consapevole di ciò che lascia e aiutare a ricostruire il Paese delle "ceneri che ha lasciato".

Alla luce dei risultati elettorali e della volatilità dei mercati, la Banca centrale argentina ha già annunciato che rafforzerà le restrizioni sui cambi, che ha cominciato ad applicare il mese scorso e imporrà un nuovo limite all'acquisto mensile di dollari, 200 per le transazioni bancarie e 100 in contanti. Le misure, che saranno dettagliate oggi in una conferenza stampa, rimarranno in vigore fino a dicembre e rappresentano una significativa riduzione al limite di 10.000 dollari al mese che Macri aveva annunciato all'inizio di settembre, pochi giorni dopo che il trionfo dell'opposizione nelle elezioni primarie aveva causato un terremoto finanziario. A spingere Fernandez sono stati la povertà dilagante e l'aumento della criminalità. Macri paga gli effetti della crisi economica nella quale il Paese è sprofondato: Pil in calo del 3,1% e inflazione al 57,3%. Il motto del presidente era quello di "riportare l'Argentina nel mondo", ma il suo primo mandato si chiude con un netto peggioramento degli indicatori macro-economici come conseguenza, dicono i critici, delle mancate riforme, senza contare la fuga di capitali e imprenditori: il tasso di povertà è cresciuto del 35%, l'inflazione fino a settembre era quasi al 38%, mentre il peso ha perso il 70% del suo valore dal gennaio 2018 e i dati ufficiali parlano di una disoccupazione al 10%, la più alta da 12 anni a questa parte. Fernandez nella perfetta tradizione peronista, ha già annunciato un piano ad hoc contro la povertà nonché la rinegoziazione del debito a partire dal maxi prestito di oltre 56 miliardi di dollari ottenuto dal Fmi nei mesi scorsi. 

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