28 ottobre 2019 - 01:06

Elezioni in Umbria, colpo al governo. Ma Conte: «Errore fermare ora l’alleanza»

E sul premier esplode anche il caso del Financial Times: «Il premier collegato a un fondo di investimento indagato dal Vaticano»

di Monica Guerzoni

Elezioni in Umbria, colpo al governo. Ma Conte: «Errore fermare ora l'alleanza»
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ROMA — Per non sentire arrivare la grande «botta», Giuseppe Conte ha trascorso la domenica in famiglia, lontano dal televisore. «Non ha atteso i risultati», raccontano i collaboratori quando è notte e i numeri della batosta scuotono con forza il governo. Hai voglia a dire che «non è un test nazionale» e che per l’esecutivo giallorosso «non cambia nulla». La sconfitta annunciata è una débacle, che va al di là delle previsioni più nere e che costringe l’intero governo a prestare ascolto all’«avviso di sfratto», scandito da Salvini da ogni piazza umbra.

Affermare che «non è un voto sul governo», adesso non basta più. La resistenza non può essere questa. Il premier — per quanto abbia provato a separare le sorti dell’Umbria da quelle di Palazzo Chigi, per scongiurare una crisi in piena sessione di bilancio — esce indebolito dal primo test politico. Il fattore Conte non ha portato valore aggiunto all’alleanza M5S, Pd, Leu. E ora in gioco non c’è solo la tenuta del governo, c’è la costruzione di una coalizione per il futuro, che tenga insieme, alle prossime Regionali e oltre, gli ex acerrimi nemici che oggi lo sostengono. «Sarebbe un errore — difende il progetto Conte — interrompere questo esperimento per via di una Regione che ha il 2% della popolazione nazionale». Di Maio archivia a razzo l’alleanza: mai più. Conte al contrario insiste: «Se avessi voluto fare campagna elettorale avrei girato porta a porta un mese, 24 ore al giorno». Invece ha reso omaggio al re del cachemire Cucinelli, ha fatto il pieno di selfie e calorie a Eurochocolate e si è sottoposto al rito della foto «storica» a Narni. Tutto qui. Tanto da aver deluso Di Maio, che gli aveva chiesto di «metterci la faccia».

I dem sono nel panico. Le sirene di Renzi contro le nozze con l’ex nemico seducono tanti nel Pd, a cominciare dal capogruppo Marcucci. E non basta. Perché a minacciare la premiership di Conte è scoppiato il caso Financial Times. Il quotidiano britannico collega il suo nome a un fondo di investimento, sostenuto dal Vaticano, al centro di una indagine per corruzione e scrive che l’avvocato pugliese si troverebbe in conflitto di interessi. All’una di notte Palazzo Chigi fa sapere che Conte «è tranquillissimo», perché nel maggio 2018 «ha reso solo un parere legale» alla società Fiber 4.0 circa «il possibile esercizio, da parte del governo, dei poteri di golden power nei confronti della società Retelit». Questione su cui, poche settimane dopo, il governo Conte fu poi chiamato a pronunciarsi. Ma chi poteva immaginarlo? Questa la difesa di Conte, che si astenne da ogni decisione non partecipando al Cdm del 7 giugno 2018.

La resa dei conti è iniziata. «Si vince e si perde insieme», ha avvertito Di Maio. Franceschini, capo delegazione del Pd che interpreta i desiderata del Quirinale, implora gli alleati di non farsi «gli sgambetti». Ma il fuoco amico è partito. Conte è nel mirino di Renzi. Di Maio è sotto processo e potrebbe mettere in discussione il governo. E se a gennaio vien giù l’Emilia-Romagna? L’unica alternativa, avverte Zingaretti, sarebbero le urne.

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