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Bio-On: così la «regina» delle bioplastiche gonfiava ricavi e produzione

Una montatura per arrivare al miliardo di capitalizzazione, frutto di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato: è l’accusa della Procura di Bologna, che ha confermato in pieno la denuncia partita lo scorso 24 luglio dal fondo americano Quintessential

di Ilaria Vesentini

(Ansa)

2' di lettura

BOLOGNA - Tutta una montatura per arrivare al miliardo di capitalizzazione, frutto di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato: è l’accusa della Procura di Bologna, che attraverso l’operazione denominata “Plastic Bubble” ha confermato in pieno la denuncia partita lo scorso 24 luglio dal fondo americano Quintessential, che ha dato il via alle indagini.

In tre mesi le Fiamme Gialle bolognesi hanno ricostruito come dietro all’andamento del titolo Bio-On ci fosse da un lato, fin dal 2015, una esposizione non veritiera delle voci di bilancio e dei dati sulla produzione negli impianti di Castel Sanpietro e, dall'altro, una «strategia di comunicazione sistematica, roboante, ammiccante e ottimisticamente proiettata verso obiettivi sempre più significativi che sottaceva alcuni dati di fondo, creando nel mercato ingannevoli aspettative di forte crescita ed espansione, influenzando significativamente l'andamento azionario», evidenzia il Gip Alberto Ziroldi. Tanto da chiedere misure cautelative per interrompere l’attività degli amministratori all'interno della società, ribattezzata la “Parmalat di Bologna”.

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Astorri e soci nel giro di due anni si sarebbero portati a casa guadagni personali per oltre 35 milioni di euro, tra i 25 milioni incassati dalla cessione di warrant e i 10 milioni per la vendita del 2% del capitale sociale. Risorse sequestrate agli indagati assieme al pacchetto di azioni nelle loro mani, circa altri 115 milioni di euro.

Oltre al sequestro impeditivo delle azioni (il titolo nel frattempo è stato sospeso in Borsa), è partita in parallelo la procedura civile ex 2409 del Tribunale di Bologna per valutare la sostituzione degli organi societari e garantire così una prospettiva anche ai 100 dipendenti di Bio-On.

«Non ci interessa il giudizio di merito sul Pha, se è favoloso o meno, le indagini della magistratura sono partite dal rispetto delle regole di correttezza informativa per tutelare un mercato non regolamentato come l'Aim - spiega il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato -. Abbiamo focalizzato l’attenzione su due aspetti: come la società rappresentava nei bilanci i ricavi e quali erano i reali livelli di produzione».

I ricavi, derivanti principalmente dalla licenza di produzione e sfruttamento delle bioplastiche brevettate, erano fatturati artatamente a newco-scatole vuote, di fatto controllate e sovrapponibili a Bio-On, e contabilmente andavano invece registrati come operazioni infragruppo a somma zero. Il riscontro documentale ha poi portato a rilevare che nello stabilimento bolognese inaugurato lo scorso anno si sono prodotte in tutto 19 tonnellate di bioplastiche, contro le 1.000 tonnellate anno annunciate a più riprese da Bio-On come potenzialità produttiva.

«L’azienda fin dagli esordi ha messo in atto, con cadenza scientifica, una strategia di comunicazione fatta di annunci di operazioni e di accordi con gruppi internazionali per l’impiego su larga scala del polimero e della tecnologia sottostante non seguiti da reali attività. E per raggiungere i target comunicati e raccogliere risorse dal mercato gonfiava artificiosamente ricavi ed Ebitda con um sistema di newco solo apparentemente terze», precisa Ciro Castelli, comandante del Gruppo tutela mercati capitali di Bologna. Da qui i reati di false comunicazioni sociali (articolo 2622 C.C.) e manipolazione del mercato (articolo 185 Tuf).

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