17 ottobre 2019 - 21:20

Omicidio Cernusco, il killer di Donato Carbone con il guanto sul volto: «Apri il cancello, fammi scappare»

L’omicidio del 63enne Donato Carbone nel vialetto del box sotterraneo. Trovata l’auto in fuga. Il racconto choc della vicina che ha preso la targa della macchina

di Andrea Galli e Cesare Giuzzi

Omicidio Cernusco,    il killer di Donato Carbone  con il guanto sul volto: «Apri il cancello, fammi scappare» Il garage di via don Milani a Cernusco sul Naviglio, dove è stato ucciso Donato Carbone. Il 63enne, quando si è trovato davanti il killer, ha cercato di rifugiarsi in macchina (foto Newpress)
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Una donna ha guardato negli occhi il killer di Donato Carbone. Lui ha nascosto il viso con una mano coperta da un guanto. Poi le ha urlato di aprire il cancello ed è fuggito. C’è una supertestimone nel delitto di Cernusco sul Naviglio. È una vicina di casa della vittima che mercoledì alle 18.44 era nel vialetto dei box del palazzo di via don Lorenzo Milani. «Mi sono trovata un uomo davanti, era vicino al cancello. Gli ho detto: “chi è lei?”. Lui ha portato una mano coperta da un guanto nero in volto e guardandomi mi ha detto “apri”. Io ho aperto, è uscito e salito su una macchina. Era un’utilitaria scura, ho subito memorizzato la targa».

L’auto con la quale è fuggito il killer del 63enne ex imprenditore Donato Carbone è stata trovata giovedì, dopo una notte di ricerche, dai carabinieri del Nucleo investigativo a Cologno Monzese. Qui l’assassino avrebbe fatto il classico «cambio macchina». L’auto era integra. È stata rubata un mese fa in provincia di Brescia. L’utilizzo di una macchina rubata lascia pensare a un’azione organizzata nel dettaglio. Almeno nelle fasi dell’esecuzione. E magari alla presenza di complici.

L’attenzione delle indagini, coordinate dalla pm Roberta Amadeo, si sta ora concentrando su una pista precisa, quella dei soldi. La vittima aveva problemi di salute. Nel 2015, aveva chiuso la sua ditta individuale «Art.casa» che si occupava di ristrutturazioni di appartamenti, per le pesanti conseguenze di un morbo che aveva costretto la vittima a non poter uscire di casa. Negli ultimi tempi s’era ripreso e aveva ricominciato ad accompagnare a scuola la nipotina (la bambina di sua figlia) e a riprendere qualche lavoretto. Tuttavia di recente erano comparsi nuovi problemi medici. La sua vita viene descritta come quella di un tranquillo pensionato, senza frequentazioni particolari e con un ottimo rapporto con la famiglia. I carabinieri della squadra Omicidi di via Moscova, guidati da Michele Miulli e Cataldo Pantaleo, potrebbero essere vicini alla soluzione del giallo. Ieri mattina sono partiti gli accertamenti bancari e patrimoniali sui conti della vittima. Il 63enne non era ancora in pensione ma aveva di che vivere dignitosamente grazie ai soldi guadagnati nel passato. Ieri sono stati risentiti a lungo i familiari. A cominciare dalla moglie (che era via da Cernusco al momento dell’agguato), dalla figlia e dal fratello. Agli interrogatori era presente anche il magistrato. Non ci sono sospetti particolari sull’ambito familiare, piuttosto gli inquirenti stanno cercando di verificare se il 63enne avesse, in qualche modo, una «seconda vita»: qualche affare che non era noto alla famiglia, qualche prestito di denaro non saldato. Alcuni vicini, ma su questo gli investigatori sono cauti, hanno raccontato di aver visto Donato Carbone litigare nelle scorse settimane proprio davanti a casa con alcuni uomini, sembra italiani. Quel che appare certo è che il killer conoscesse bene la vittima.

Carbone è stato freddato da dieci colpi calibro 9 per 21 con un’arma semiautomatica. In totale 11 i proiettili esplosi. Tutto è avvenuto nel corridoio dei box sotterranei: il 63enne era uscito con la sua Mercedes per fare la spesa (un’insalata dal fruttivendolo), era sceso per aprire il garage e davanti alla basculante è stato freddato. Avrebbe cercato di risalire in auto per guadagnare la fuga. Lo testimonia la sequenza dei colpi (tutti al fianco sinistro e uno al collo) e il fatto che gli occhiali della vittima siano stati trovati a terra lontano dalla macchina. Il killer ha sparato con un certo impeto, poca freddezza ma grande precisione. Poi è uscito ma è rimasto imprigionato dal cancello elettrico che nel frattempo si era chiuso. Un dettaglio che forse non aveva calcolato. Nel dicembre 1975, Carbone era stato arrestato con l’accusa di aver partecipato a una «spaccata» a un negozio di pellicce di Melzo. All’epoca aveva solo 19 anni. Poi nessun altro problema con la legge.

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