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Cosa c’è di vero sulle acque di Fukushima e sulla nube radioattiva in Europa

Gli allarmi, da Fukushima ai guai delle centrali dell’EdF. Non è stato rilevato alcun aumento della radioattività

di Jacopo Giliberto

(Afp)

5' di lettura

Le reti di rilevazione dicono che non c’è una nube radioattiva. È una “bufala” il fantasma del cesio137 e dello iodio131 che si aggirano sull’Europa. Lo confermano i dispositivi che ascoltano l’aria secondo le regole dell’Aiea, l’agenzia internazionale dell’energia atomica, come i circa 1.200 rilevatori della rete dei pompieri oppure come i dispositivi dell’Isin, cioè l’ispettorato sulla sicurezza nucleare che è l’autorità italiana di controllo, con 60 punti di prima rilevazione e i 4 “nasi” che fiutano i venti che soffiano verso l’Italia; e poi ci sono le rilevazioni delle Arpa regionali, e i laboratori Resorad che analizzano le polveri nell’aria, e i controlli di enti e aziende specializzate nel settore, come l’Enea, la Sogin o gli Istituti zooprofilattici.

In questi giorni il tema nucleare scalda molte persone. L’8 agosto era avvenuta un’esplosione in una base militare russa nella zona di Arcangelo (Archangelsk), con la dispersione di materiale radioattivo; nei giorni scorsi il Governo del Giappone ha detto che dovrà diluire nel Pacifico le acque irraggiate della centrale di Fukushima; c’è il rischio che debbano essere fermate alcune centrali francesi dell’EdF per controllare la qualità di alcune saldature e di altre apparecchiature. Nel frattempo sul web continuano a circolare notizie farlocche su una nube radioattiva che s’aggira sull’Europa.

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La rete di controllo Isin

L’Ispettorato per la sicurezza nucleare, cioè l’autorità creata l’altr’anno per coordinare sotto un’istituzione univoca il sistema dei controlli, ha una rete di circa 60 punti di misura della radioattività. Altri 4 rilevatori sono collocati nei luoghi di ingresso dei venti che possono portare con sé radionuclidi dai Paesi vicini nei quali sono presenti centrali atomiche,

come la bora che soffia da Russia, Croazia o Ucraina oppure il maestrale che dalla Francia si fa sentire in Sardegna o in Piemonte.
Insieme con i 1.200 punti di rilevazione dei vigili del fuoco che furono allestiti già ai tempi della minaccia atomica della Guerra Fredda, questa rete misura in particolare le radiazioni gamma, più pericolose, e dà risposte immediate per prendere misure di protezione veloci. Finissima la capacità di rilevazione della rete Resorad, in gran parte gestita dai laboratori delle agenzie regionali Arpa, ma le risposte di grande accuratezza date da questi laboratori in genere impiegano tempi più lunghi per campionamenti raffinati e rilevazioni di alto dettaglio: la rete Resorad si presta non tanto per la gestione delle emergenze in velocità bensì per le analisi più approfondite.

Che cosa si misura

Le reti di rilevazione in tutta Europa misurano soprattutto gli elementi nucleari più abbondanti, i traccianti più grezzi e di risposta immediata, cioè lo iodio131 e il cesio137. Si rilevano con facilità anche i composti radioattivi usati nella medicina nucleare, come il cobalto.
I dispositivi più fini di analisi riescono a ritrovare nelle polveri dell’aria anche composti più rari e con tracce più impalpabili. È accaduto per esempio due anni fa quando, nell’ottobre 2017, si individuò sull’Europa una presenza leggerissima di rutenio106, un elemento rarissimo che non trova applicazioni consuete; attraverso un’analisi dei flussi meteo si è potuto ricostruire una provenienza da alcune lavorazioni in un’azienda del polo atomico russo di Maiak, nella zona degli Urali vicina a Celiabinsk. L’impatto sulla salute fu irrilevante.

Nessuna rilevazione importante per il terribile incidente che l’8 agosto aveva distrutto un missile russo nella zona di Arcangelo, uccidendo 5 persone. Fu osservato un leggero aumento di cesio e iodio alle stazioni di controllo in Norvegia e Finlandia, aumento però non chiaramente riconducibile all’evento russo in cui morirono alcune persone.
L’incidente, da quanto si è capito finora, parrebbe essere l’esplosione del propellente di un razzo intercontinentale. La testata del missile sarebbe stata una bomba nucleare; l’esplosione del combustibile convenzionale del motore del missile avrebbe sbriciolato la bomba, disperdendone nell’incendio il materiale radioattivo. Sarebbe stata cioè un’esplosione di combustibile convenzionale e non una reazione atomica. I rilevatori russi di radioattività erano stati dichiarati inattivi, e ciò ha impedito di capire quale tipo di arma nucleare fosse stata distrutta dallo scoppio del combustibile, se al plutonio, se all’idrogeno e così via.

L’acqua contaminata di Fukushima

Un sit-in promosso da Europa Verde si è svolto vicino all’ambasciata giapponese a Roma per protestare contro la decisione di Tokyo di disperdere nel Pacifico le acque usate per raffreddare il reattore nucleare di Fukushima, distrutto dallo tsunami che l’11 marzo 2011 spazzò la costa giapponese uccidendo quasi 16mila persone. Fra le conseguenze dell’onda distruttrice ci fu anche la centrale atomica di Dai-Ichi, che entrò in avaria e arrivò alla fusione del nocciolo.
Giorni fa il ministro giapponese dell’Ambiente Yoshiaki Harada aveva detto che per la società proprietaria della centrale atomica, la Tepco (Tokyo Electric Power Company), l’unica opzione disponibile per smaltire l’acqua radioattiva è rilasciarla nell’Oceano Pacifico, in modo da diluirla. A parere degli esperti l’operazione, se eseguita in modo corretto, potrebbe avere un impatto ambientale irrilevante.
«Non abbiamo dati certi sull’impatto che quel tipo di scorie potrebbe avere su fondali, flora e fauna marina. Disapproverei se una scelta simile venisse presa rivendicando la 'proprietà territoriale' di una porzione di mare», ha protestato il ministro italiano dell’Ambiente, Sergio Costa (Movimento Cinque Stelle).
Fra tre anni, nell’estate 2022, nei serbatoi da 1,37 milioni di tonnellate (un metro cubo d’acqua pesa una tonnellata) non ci sarà più spazio per conservare l’acqua contaminata dal trizio e non c’è modo di liberarsene se non pomparla nel sottosuolo, oppure vaporizzarla nell’atmosfera, o in alternativa diluirla nel bacino d’acqua più grande al mondo, il Pacifico. Il trizio che vi è contenuto decade in 12 anni.

Tokyo pensa di versare l'acqua di Fukushima nell'oceano

I problemi dell’EdF

Si sta ripetendo quanto era già accaduto due anni fa: diversi reattori atomici francesi potrebbero avere difetti. Il gigante francese dell’energia ricava dall’atomo il 78% della produzione elettrica, coprendo gran parte del fabbisogno energetico francese ed esportando la sua produzione anche in grandi mercati europei come Germania, Italia e Inghilterra. Il gruppo, che nel nostro Paese controlla Edison, ha reso noto che i suoi reattori potrebbero contenere componenti non a norma dopo essere è stata informato dal suo fornitore Framatome (Areva), di cui ha preso il controllo un paio di anni fa, «di una deviazione dagli standard tecnici che disciplinano la produzione di componenti dei reattori nucleari».
I difetti riguardano sia componenti in servizio che nuovi componenti non ancora installati.
Nessuno dei 58 reattori nucleari disseminati in Francia è al momento stato fermato ma la notizia ha fatto crollare il titolo in Borsa e ha anche spinto al rialzo i prezzi europei dell’elettricità e del gas.

Cina atomica

Un reattore di terza generazione per la produzione di energia nucleare, realizzato nella Provincia meridionale cinese di Guangdong grazie a una collaborazione tra Cina e Francia (EdF), ha terminato tutte le operazioni di prova ed è pronto per l’uso commerciale. La China General Nuclear Power Corporation (Cgn) ha affermato che l’unità 2 della centrale nucleare di Taishan rappresenterà a livello mondiale il secondo reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata di terza generazione. L’unità 1, entrata nella fase di uso commerciale nel dicembre dello scorso anno, è stata la prima nel suo genere.

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  • Jacopo Gilibertogiornalista

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    Argomenti: ambiente, energia, fonti rinnovabili, ecologia, energia eolica, storia, chimica, trasporti, inquinamento, cambiamenti climatici, imballaggi, riciclo, scienza, medicina, risparmio energetico, industria farmaceutica, alimentazione, sostenibilità, petrolio, venezia, gas

    Premi: premio enea energia e ambiente 1998, premio federchimica 1991 sezione quotidiani, premio assovetro 1993 sezione quotidiani, premio bolsena ambiente 1994, premio federchimica 1995 sezione quotidiani,

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