10 luglio 2019 - 21:57

Thailandia, i 12 baby calciatori
sopravvissuti un anno dopo

In Thailandia i 12 baby calciatori sono tornati nella grotta per l’anniversario della loro odissea Cosa è cambiato? Tutto

Thailandia, i 12 baby calciatori  sopravvissuti un anno dopo
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Arrivano i monsoni. Sta tornando a piovere. Come un anno fa. Ma nessuno trema più, in Thailandia. E anche la Grotta della Principessa, la montagna col profilo di un’antica nobile, quella che leggenda vuole pianga sempre pioggia di dolore, no, la Principessa quest’estate ha lacrime felici. «Siamo venuti a onorare il destino che ci ha salvato»: i dodici Cinghialotti e il loro allenatore rispuntano a riveder le stelle da qui, dalla bocca di Tham Luang che un anno fa esatto li inghiottiva e ce li restituiva. Per un anniversario sobrio. Per una breve cerimonia buddista. Ricordare per dimenticare.

Le loro vite sottosopra, che il mondo guardò salvare, continuano quiete: chi era profugo e ha avuto il passaporto, chi è rientrato a scuola, chi ogni tanto viene invitato a raccontare ancora… La vera star in questo luglio non è fra i ragazzi: è la grotta. A Tham Luang è cambiato molto e oggi non serve perdersi: bastano due dollari e mezzo di biglietto, per entrare nella cava del brivido. Il governo thailandese ne ha fatto un luogo d’attrazione turistica. Alla stregua di Phuket, delle spiagge tropicali, dei tour per monasteri. Percorrere la strada verso la sepoltura da vivi, e poi quella del ritorno alla vita. Sono spuntati 250 bancarellisti di poster e spillette, t-shirt e tazze, biglietti della lotteria e souvenir, bibite e panini. Si può ammirare il grande murales dedicato agli «eroi di Tham Luang». E regalare un selfie più o meno dove il 10 luglio 2018 i baby-calciatori uscirono, scampati a diciotto giorni di trappola. Godono i tour operator: i 10 km di cavità, che prima venivano visitati sì e no da cinquemila persone al mese, oggi ne accolgono seimila al giorno. E quando non pioveva, fra ottobre e aprile, sono arrivati un milione e 300 mila visitatori. Australiani, orgogliosi che siano stati i loro connazionali a salvare i ragazzi. Ma anche indiani, cinesi, giapponesi che parlano delle operazioni come reduci: «Siamo stati incollati alla tv per intere notti».

Alla ricerca di consensi internazionali, i generali di Bangkok gestiscono l’immagine della squadra. Per i diritti, l’hanno messa in mano a una società parastatale, «13 Thumluang Co. Ltd.». Proibiscono esternazioni spontanee, solo dichiarazioni controllate: «Che esperienza fantastica! – spiega Pornchai Kamluang -. In questo anno ho capito tutto del popolo thai. Specialmente la sua unità. Indescrivibile! La mia vita è cambiata tantissimo!». I ragazzini hanno girato. A Los Angeles con Zlatan Ibrahimovic e con quel saluto del campione ai campioncini: «Nella vita serve coraggio e voi ne avete avuto più di tutti noi, ci avete insegnato la capacità di pazientare, probabilmente siete la migliore squadra di calcio del mondo!». E a Buenos Aires, a Londra, in Baviera, nel Vermont. Ma è sempre sulla grotta che si punta: l’idea è di farne un museo permanente e un ritrovo per gli speleologi di tutto il mondo. Perché l’operazione di recupero, tra le più impegnative mai viste, richiama ogni mese esperti del soccorso che vogliono capire come si fece. E sta diventando un’immancabile serie tv su Netflix, regista quel Jon M. Chu specializzato in film sugli adolescenti, che siano Justin Bieber o i «Crazy Rich Asians». L’avventura è trattata sulle riviste scientifiche, essendo stato un caso con pochi eguali di sopravvivenza all’ipotermia... Davanti alla grotta c’è un monumento dedicato a Saman Gunan, il sub thai che morì asfissiato durante i soccorsi. Valepon, la vedova, ha ricevuto postuma la sua promozione da soldato a colonnello, sette gradi in un solo colpo. L’altro giorno ha visto i ragazzi: «Siete un po’ i miei figli – ha detto -. E sono sicura che mio marito sta vegliando ancora su di voi».

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