Noi siamo Emozioni

C’è un nuovo progetto fotografico che invita a riflettere sull’importanza delle emozioni che proviamo e che spesso tendiamo a nascondere o trascurare. Dal 14 al 17 luglio, gli scatti artistici di Carola Blondelli saranno in mostra a Ischia. L’abbiamo intervistata

Cara creatura emotiva, io so chi sei”. Inizia così l’introduzione della scrittrice e drammaturga Eve Ensler al suo celebre libro Io sono emozione, una piccola, immensa raccolta di storie, esperienze, condizioni, pensieri, visioni, ma soprattutto emozioni femminili vissute dalle ragazze di tutto il mondo. Un testo breve ma intenso, che fa capire come non vi sia luogo più adatto del cuore femminile per ospitare emozioni vigorose, incisive, spesso anche crudeli.

E certamente scrivere di emozioni, parlarne, rappresentarle non è mai un processo facile. Sembra naturale avere dimestichezza con certi stati d’animo, saperli cogliere ed esprimere, ma la verità è che non sempre è così. Ci sono emozioni “sconvenienti” che abbiamo imparato a reprimere, altre che rifiutiamo, altre ancora che non riusciamo più a provare o a riconoscere: veri e propri blocchi emotivi che ci condizionano, impedendoci di essere persone autentiche con gli altri, soprattutto con noi stessi. E come ristabilire, in tempi contemporanei, un rapporto diretto, libero e profondo con le nostre emozioni?

Prova a dare una risposta a questo fondamentale quesito l’arte di Carola Blondelli, autrice di un progetto fotografico, realizzato con la collaborazione con Nicolas Vaporidis, e a cura di Caterina Antonaci, che esplora proprio il mondo delle emozioni, quegli “stati passeggeri ed effimeri che appartengono universalmente a ciascuno di noi e che dimostrano la vera natura di noi esseri umani”.

«Il tipo di fotografia a cui mi ispiro non è una fotografia tecnicamente perfetta, bensì una forma d’arte capace di trasmettere emozioni e farle provare agli utenti. Una fotografia concettuale, che descriva persone più che cose», racconta Blondelli a proposito del suo stile artistico. «Tendo a rappresentare tutto ciò che in qualche modo è in grado di dire qualcosa, di parlare silenziosamente attraverso la sua rappresentazione, un istante, uno sguardo, un dettaglio. Tutto quello che viviamo crea in noi in maniera del tutto naturale una risposta, sotto forma di emozione di azione o di espressione».

In mostra dal 14 al 17 luglio presso il Palazzo Pezzillo di Ischia (Forio), in concomitanza con l’Ischia Global Festival, gli scatti “parlanti” del progetto “Emozioni” di Carola Blondelli raccontano stati d’animo che non sono mai espressi apertamente: ogni immagine all’interno della mostra corrisponde a un’emozione, ma il processo di riconoscimento della stessa è uno, personale e soggettivo. Non tutti vedranno la stessa realtà in ogni fotografia e la sua interpretazione sarà aperta e variabile; proprio per questo, l’etichetta che suggerirà l’emozione di ogni fotografia verrà momentaneamente coperta, offrendo a chi osserva la possibilità di scoprirla solo dopo aver riflettuto, senza farsi influenzare (provate a farlo anche voi sfogliando la gallery!).

Le emozioni prese in considerazione sono quelle che l’artista reputa più comunemente sentite ed attuali nella società contemporanea: felicità, rabbia, noia, ansia, paura, invidia, follia, adorazione verso se stessi… Tutte scelte con l’intento di invitarci a riflettere su cosa significhi osservare una tale immagine, quali dovrebbero essere le reazioni appropriate e quali potrebbero essere le nostre possibilità di empatia o di comprensione.

Quanto è complicato catturare un’emozione con uno scatto?
«Non penso che sia difficile fotografare un’emozione, quanto riuscire a raccontarla secondo l’interpretazione che un artista sceglie di dargli. Nel mio caso la difficolta è stata riuscire ad allontanarmi da una descrizione che fosse didascalica o retorica».

C’è stata un’emozione più difficile da rappresentare rispetto alle altre?
«Ho avuto difficolta a rappresentare il coraggio poiché non volevo raccontarlo come un valore assoluto legato al concetto generale di “non aver paura di nulla”, ma piuttosto come un modo di essere più consapevole: “il coraggio di essere se stessi”. Concetto questo che si è un po’ perso poiché viviamo in una società dove il valore più grande sembra essere l’apparire».

E quella che non sei riuscita a “catturare”?
«Sicuramente il mio lavoro di ricerca per questo progetto non è concluso. Sulle emozioni e la loro rappresentazione ci si potrebbe soffermare una vita, ma penso di essere riuscita a cogliere tutte le emozioni che avevo il desiderio di raccontare».

Perché hai ritratto soltanto soggetti femminili?
«Ritrarre le donne è una scelta artistica ricorrente nel mio lavoro. In questo caso ho ritenuto funzionale quanto indispensabile la scelta di soggetti femminili; credo che l’emotività e il corpo della donna siano più appropriati a trasmettere emozioni».

Gli uomini hanno un’emotività diversa?
«Sì, secondo me gli uomini hanno un’emotività diversa, non inferiore o superiore alla nostra ma non mi sentirei di dire uguale a quella della donna».

Quanto è importante oggi parlare di emozioni?
«Ho scelto questo progetto perché vorrei stimolare soprattutto i giovani a riflettere di più sull’importanza delle emozioni che proviamo. A non annientarle, a non nasconderci, perché come racconto in questo progetto credo che siano loro a definire la nostra identità e credo che la vera forza non sia apparire meno emotivi possibile, bensì conoscersi e avere la consapevolezza di ciò che siamo».

Ci sono emozioni dimenticate che andrebbero rivalutate?
«Più che dimenticate forse ci sono emozioni sottovalutate come per esempio la noia. Non siamo più capaci di apprezzarla perché travolti dalla velocità. Penso soprattutto ai più piccoli e a quanto sia importante per la loro crescita conoscere e gestire la noia».

Quali sono i “nemici” contemporanei delle emozioni?
«Oggi la facilità di accesso alla vita è assoluta e incontrollata. Questo meccanismo ci rende esposti al giudizio e crea un condizionamento capace di bloccare la vera natura delle persone, rendendole più attente all’immagine. Quindi, forse, il vero nemico contemporaneo delle emozioni è il giudizio, e i mezzi con i quali viene espresso».

Qual è la cosa che ti emoziona di più in assoluto?
«Fortunatamente sono tante le cose che mi emozionano. Forse mi sento di dire che, spesso, sono quelle più semplici e vere».

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