Sono giovani, hanno ragione

Se il mondo si può ancora salvare lo faranno loro: i trentenni e i ventenni di oggi
Sono giovani hanno ragione

«Quando se ne è andata ho capito che le cose importanti le fanno sempre i giovani. Perché sono forti, hanno energia e coraggio. Quando noi adulti pensiamo cose spaventose loro fanno le rivoluzioni, quelle giuste... Ho capito che mi piacerebbe vivere in un Paese in cui una come Giorgia insegni all’università o faccia politica o magari sia capo del governo. Per prendersi cura di me», scrive Elena Stancanelli in Venne alla spiaggia un assassino (La nave di Teseo), dopo tre ore passate a parlare con una stanchissima Giorgia Linardi (nella foto), la giovane portavoce della Sea-Watch 3, accasciata sul suo divano mentre una tazza di tè le si raffredda tra le mani.

Il racconto che fa Giorgia Linardi a Stancanelli è di quelli che fanno star male per la violenza delle cose che ha visto e sentito nei suoi quattro anni da volontaria - storie di stupri di bambine e torture a uomini e donne - e star bene al pensiero che il mondo sia pieno di ragazze e ragazzi come lei: lucidi, preparati, determinati, attivi. E che forse questi ragazze e ragazzi ce la faranno a salvare il mondo e non è solo una bella frase, è proprio una concreta possibilità. Se il mondo si può ancora salvare lo faranno loro: i trentenni e i ventenni di oggi. Giovani diversi da quelli celebrati nella famosa frase di Abbie Hoffman: «Eravamo giovani, eravamo avventati, arroganti, stupidi, testardi. E avevamo ragione», perché hanno ragione senza essere stupidi arroganti e avventati quanto eravamo noi. Il finanziere che tiene in braccio un piccolo migrante e gli sorride avrà l’età di Giorgia Linardi e di Carola Rackete, lavora per lo Stato invece che per una ong, ma ha lo stesso sorriso, quello di chi sta facendo la cosa giusta.

«Gli uomini e le donne che salvano gli altri sono più belli e anche più felici. Di me, ma anche di quasi tutte le persone che conosco», scrive Stancanelli nella Lista delle cose che ho imparato sulla barca alla fine del libro che racconta la sua esperienza a bordo della Mare Jonio, la prima nave italiana a prestare soccorso nel Mediterraneo. Il lavoro di Stancanelli mescola i numeri e i dati con le emozioni, i racconti, le incertezze e la goffaggine di chi è abituato a lavorare da solo dentro una stanza e decide di provare a mettere il suo corpo e il suo mestiere – nel suo caso quello di scrivere – dentro a una delle navi delle Ong che fanno Sar, ovvero Ricerca e Soccorso, in mare. «Un’altra delle cose che ho imparato», si legge nella lista, è che «non esiste solo il mondo nevrotico e irreale che abito io. Là fuori c’è gente che vive e usa internet come un mezzo e non come un rifugio dalla vita». Un’altra ancora - che mi è piaciuta molto e ha fatto transitivamente sentire un po’ utile anche me - è che «in mare valgono pochissime cose e, inaspettatamente, tra queste cose c’è il raccontare».

(Daria Bignardi, scrittrice. Il suo ultimo libro è «Storia della mia ansia», Mondadori, 2018).

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