Negli Usa non si fanno pronostici sul risultato della finale dei Mondiali femminili, ma sull’audience e i rivali di queste previsioni ossessive non sono avversari, non nel senso tradizionale almeno. Le ragazze impegnate contro l’Olanda se la vedono con i ragazzi schierati contro il Messico nell’atto conclusivo della Gold Cup. Un altro duro colpo al patriottismo senza ombre che Trump pretende dallo sport.
Tre finali in un giorno, due con squadre statunitensi: nella mattinata americana le donne, all’ora dell’aperitivo la Coppa America Brasile-Perù e all’ora di cena tocca agli uomini. Ne va dell’onore e pure degli ascolti. Potrebbe essere un giorno a stelle e strisce, in cui gonfiare il petto e sentirsi orgogliosamente yankee, ma non ci sarebbe epica da far west se non ci fosse scontro. E oggi lo scontro è più o meno totale.
Soccer sunday
La sfida dei sessi, iniziata con la causa contro la federazione per stipendi adeguati ai successi, si allarga. Alla disputa sull’equità si aggiunge pure la sfida dei due mondi, perché da qui, dalla nostra latitudine, un’intera domenica dedicata al pallone è un invito al piacere invece lì troppo calcio da smaltire in 24 ore e recriminazioni incrociate che l'emergente Olanda non vivrà mai. L'Europa aggiunge il lamento di Megan Rapinoe, «ridicolo, provocatorio, perché sovrapporre gli eventi?», all'elenco di indizio sulla presunta arroganza delle padrone del Mondiale. Non vogliono dividere la scena, così come non vogliono risparmiare il prossimo, 13 gol contro la Thailandia tutti festeggiati come fossero il primo. E non vogliono rispettare chi gli gioca contro: sono andate a vedere l’hotel delle inglesi, destinato alla finalista di quel lato del tabellone, due giorni prima della partita, convinte che tanto lo avrebbero occupato loro. È successo, si sono bevute l'Inghilterra e la stella Alex Morgan ha anche alzato il mignolo su un'immaginaria tazza di tè piena di soddisfazioni: «È il nostro momento, che male c’è?». Per questo il «SoccerSunday», come è stato ribattezzato in patria, dà fastidio, toglie attenzione e soprattutto scatena paragoni indesiderati.
Le Oranjie cercano il colpo
Saranno più viste le donne inarrestabili che corrono e crossano come se non ci fosse un domani o gli uomini in cerca di riscatto che fino a qui non sono stati troppo seguiti e devono farsi perdonare, come da noi, il Mondiale mancato. La nazionale dominante si muove senza tregua, con una tattica che in assenza dello strapotere attuale sarebbe probabilmente scellerata. Le olandesi vogliono intrufolarsi lì, nello spazio, per ora minimo, che c’è tra il livello di gioco espresso dalle americane, altissimo, e la capacità di gestione, attualmente non considerata. Non necessaria. Loro vanno sempre a mille e sempre all’attacco, certe di avere più benzina e più facilità a trasformare le occasioni in gol. Tutto vero, ma fino a quando? L’Europa migliora, ha messo sette squadre ai quarti e crede nel futuro che non è più fatto di sola Germania, di accenni di Norvegia, è un continente che vive di calcio (quasi) pronto a convertirsi all’altra metà del pallone. Mentre negli Usa è comunque «SoccerSunday», dove la questione di genere gira intorno a un mondo che ancora lotta per la popolarità. Per i maschi che cercano di emergere e per le donne che non hanno pari. Né parità. Così in questa maledetta domenica si lotta per ogni singolo spettatore da conteggiare nel giorno delle grandi sfide. In casa e fuori.