5 luglio 2019 - 21:18

Markaris: «Tsipras ha già perso ma nessuno vincerà giocando da solo»

L’autore del Montalbano greco riconosce due pregi al premier uscente. E si chiede: «Chi pensa al Paese?»

di Andrea Nicastro

Markaris: «Tsipras ha già perso ma nessuno vincerà giocando da solo»
shadow

Petros Markaris, complimenti. Nella sua intervista del 25 gennaio 2015 al Corriere, lei disse: «Come farà Tsipras a mantenere tutte le sue promesse? Come assumerà i licenziati, cancellerà le tasse, aumenterà i salari e le pensioni? Tsipras sa di promettere l’impossibile, perché il suo obiettivo è solo vincere, non affermare ideali di sinistra».

Aveva ragione: Tsipras non ha mantenuto le promesse e ora i sondaggi dicono che verrà punito.
«Non c’è possibilità che Tsipras vinca alle elezioni di domani ed in effetti sono tra quelli che l’ha criticato ferocemente. Però, visto che mi piace andare contro corrente, oggi vorrei riconoscergli almeno due pregi».

Quali?
«Uno è caratteriale. Tsipras impara velocemente e si adatta. Evolve anche politicamente con facilità».

E il secondo pregio?
«Il coraggio. In tempi di crescente nazionalismo e sovranismo è andato contro tutti chiudendo la disputa sul nome Macedonia con il nostro vicino del Nord. La differenza in termini di voti che registrano i sondaggi tra il suo Syriza e Nuova Democrazia non sarebbe così grande senza l’accordo sulla Macedonia. Tsipras e il leader macedone Zaef hanno trovato un accordo storico. Ma ci hanno perso in popolarità».

Tsipras sbagliò ad accettare le condizioni europee sul debito pubblico?
«Ha sbagliato quando ha detto alla gente che sarebbe stato capace di cambiare l’Europa. Un Paese piccolo come la Grecia, per di più con un debito enorme, non aveva alcuna possibilità di trovare aiuti. Detto ciò, l’errore non è stato solo di Tsipras: tutti i partiti greci avrebbero dovuto unirsi per affrontare l’emergenza nazionale come hanno fatto in Portogallo, Irlanda e Cipro. Da noi, invece, ogni partito che arriva al governo ripete gli stessi sbagli del precedente. Ognuno gioca da solo e tanto peggio per il Paese».

Nel 2015 l’allora ministro delle Finanze Varoufakis litigò con Tsipras per la svolta pro austerity, ma oggi il partito transeuropeo di Varoufakis è allo zero virgola, mentre questa Syriza riposizionata nel centro-sinistra è data sopra il 20%. Non c’è spazio per una sinistra anti-finanza in Europa?
«Se tralasciamo Spagna e Portogallo, in Europa la sinistra si è suicidata proprio con la sua sottomissione al sistema finanziario. Non ha saputo partorire proposte alternative. Proposte reali, non velleitarie. Quanto a Varoufakis, perché votarlo? I greci ormai hanno capito che una grande parte delle misure imposte al Paese erano conseguenza del suo atteggiamento arrogante verso il potere europeo».

Anche lei crede che qualche Paese abbia approfittato della crisi finanziaria per comprare a prezzi di saldo asset greci?
«Aiuto senza interesse non esiste. Chiunque sfrutti una situazione si giustifica dicendo che sta solo aiutando. Perdere i gioielli di famiglia è stato naturale ed inevitabile».

Esisterà ancora l’Europa nel 2030?
«Voglio credere di sì, perché altrimenti le cose saranno più difficili. Non abbiamo bisogno di abolire l’Ue, solo di cambiarla. Ancora oggi manca un meccanismo di decisione politica mentre i temi che dobbiamo risolvere lo richiedono. Penso al cambiamento climatico, alla migrazione fino all’attacco alla democrazia liberale cui l’Unione assiste come se non la riguardasse».

Perché?
«La Brexit è il paradigma. Ha a che fare con la delusione che sentono i cittadini riguardo l’Europa unita. La delusione li conduce sulle strade già percorse nel passato come il nazionalismo o l’autoritarismo. Questa svolta a destra nasce dalla disperazione dei ceti medi, non dall’ideologia, per questo si può essere più ottimisti. Non si sentono fascisti, ma solo spaventati e chi ha paura ragiona con poca lucidità».

Lei ha scritto 4 libri sulla crisi. Qual è stato il periodo più brutto per la Grecia?
«Non ce n’è uno più brutto, è solo cambiato il modo di affrontare questa orrenda realtà. Prima si è vissuto di allucinazioni, credendo che quanto accadeva fosse reversibile. Poi dal 2015 ha trionfato il fatalismo e ci siamo convinti che i politici siano tutti uguali».

La Grecia sta meglio o peggio rispetto al 2012?
«Rispondo con una barzelletta. Un tizio si sveglia di soprassalto perché ha l’incubo che la dracma abbia preso il posto dell’euro. Si alza e va a vedere il portafogli. È vuoto. “Ah, meno male — pensa — abbiamo ancora l’euro”. La situazione è proprio questa: siamo in Europa, ma poveri in canna».

Come voterebbe il suo personaggio, il commissario Charitos?
«In questo preciso momento cerco di convincerlo a votare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT