Noi madri performanti. Che non fanno, facciamo, quando parlano dei figli. Ci piace non ci piace, ci sta bene ci sta male, da grandi vorremmo… Il plurale maiestatis come atto di ingerenza non richiesta mascherata da amore materno. Durante gli esami si dà il peggio. Ci tocca studiare. Non è un’opzione, è una necessità. Non l’abbiamo fatto per il resto dell’anno, prese com’eravamo a lavorare, tornare tardi, chiedere frettolosamente com'è andata la scuola senza ascoltare la risposta, che comunque era vaga e reticente, consultare il registro elettronico tanto per, negoziare sufficienze ai colloqui, accendere ceri, invocare santi, dilapidare stipendi in ripetizioni e corsi di recupero, chiederci insistentemente ma com'è che le madri secchione hanno figli svogliati e le madri ex svogliate hanno figli secchioni? Qual è la regola o l’algoritmo misterioso? Dov'è che abbiamo sbagliato? Diventeranno geni da grandi? Si sveglieranno un giorno e capiranno che “non si studia per la prof ma per se stessi?”.

E quando arriverà questo giorno? Di sicuro, mai all'inizio del secondo quadrimestre. A volte, in forma di attacco di panico, alla vigilia dell’esame. Intendendo per vigilia due ore prima: tempo insufficiente per studiare il programma per la prof, figurarsi per se stessi. Respiro. Dunque abbiamo studiato. Ma proprio come matte, con tabella di marcia da obiettivo premio Nobel pur essendo in palio l’esame di terza media. Una roba che uno se la dimentica il giorno dopo, ché non si è mai sentito un ricordo da adulti legato a quel periodo. Le medie sono solo materia da sit-com, libri per ragazzi e film famosi più per il titolo che per la trama (Fuga dalla terza media è una pietra miliare della denuncia al protobullismo, in anni in cui i ragazzi si lasciavano maltrattare senza che i genitori espellessero il preside: ere geologiche e pedagogiche fa. Poi è arrivato Diario di una schiappa, bestseller planetario tramutato in film, che ha mitizzato la figura del nerd prima che ci pensasse Alessandro Michele).

Comunque non conta la portata della meta, le madri performanti non fanno distinzioni e non danno priorità. L’importante è vincere. E più si parte in svantaggio, più si vagheggia un glorioso successo, una ola collettiva del corpo docente strabiliato dalla prestazione por-ten-to-sa dell’ex pecora nera. Amore, su, facciamogliela vedere. Il doping emotivo è l’arma segreta del coach di livello. In certi casi conta più pensare di sapere che sapere davvero. Vale anche in politica. E dunque comincia un training alla Rocky, che quasi sempre funziona così. La madre si alza all’alba per fare i riassuntini, 7 giorni su 7, saltando lo yoga e il pilates, riallineando l’agenda sui nuovi orari da esaminanda attempata, posticipando riunioni, bucando colazioni di lavoro, andando e tornando dall’ufficio trefelata, ché la mattina si scrive e la sera si ripete.

Il figlio si alza con comodo. Chatta, incontra gli amici, ordina cibo su Deliveroo, posta due video su musical.ly, si spalma sul divano per rivedere in autistico loop l’ennesima replica di How I met your mother, che non si chiama più replica si chiama Netflix, ma il concetto è lo stesso, un attimo prima che la madre suoni alla porta apre il libro, vi si china con aria afflitta ed esausta e appena la vede le dice: «Mi aiuti?». Certo che sì! La madre non aspetta altro. Ha fatto schemini magnifici, usando penne di tutti i colori e frecce asterischi per masticare i concetti e porli al pargolo in sintesi scarnificate. Sa che il raggio massimo di concentrazione di un preadolescente nativo digitale è pari a quella di un pesce rosso, 8 secondi, pertanto confida di farlo abboccare con esche fluo di nozioni sminuzzate. Lei nello spiegare si esalta, lui sbadiglia. Fa niente, lei si sente bravissima. Lui si accascia.

Ti rendi conto che bella la storia? Ronf. Tre giorni all’esame. E l’esame arriva. E il figlio è più sgamato di quel che pensa la madre. Le cose le sa a modo suo, ma le sa. La butta sul ridere. I prof si divertono. Che poi gli esami servono anche a quello, sfangarla con le armi che uno ha. Comunque vada, la madre è felice. Può tornare a pilates. Ha imparato la tettonica a placche e scoperto che del Novecento ricordava quasi tutto. Che mito. Gli schemini sono stati preziosissimi. Vero amore? Chissà alla fine che voto ci danno.

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