Ti controlla quanto lavori e informa il capo (e non è un collega)

È un'applicazione inglese basata sull'intelligenza artificiale già usata da alcune aziende per migliorare l'efficienza dei lavoratori e incentivare comportamenti virtuosi. È l'inizio della fine della privacy?
Ti controlla quanto lavori e informa il capo

Lui sa tutto di voi: quante e-mail avete scritto, a chi le avete inviate, chi avete incontrato, quanti file avete aperto e persino quante pause avete fatto. E dirà tutto al capo. Non è il vostro vicino di scrivania che spia al soldo del direttore, ma un sistema di intelligenza artificiale che raccoglie e analizza tutte le attività lavorative per fornire ai dirigenti un quadro dettagliato del comportamento dei dipendenti. Come avere una telecamera puntata addosso per tutto il tempo in cui si lavora.

L’algoritmo in questione è una novità, si chiama Isaak ed è stato** **progettato dall'azienda londinese **Status Today **utilizzato - secondo quanto riporta il Guardian - già da numerose aziende britanniche per controllare il flusso di lavoro di oltre 130mila dipendenti. Per il momento l'«Organizational Network Analysis» è usato da qualche studio legale, un'agenzia immobiliare, una società di formazione e pure la società informatica Cisco, ma solo per analisi a breve termine.

Come funziona questo «Grande Fratello» digitale, che sfrutta l'intelligenza artificiale è presto detto: raccoglie ed elabora dati relativi a singole azioni, sfruttandoli per individuare «i lavoratori che hanno un ruolo centrale nel network professionale e allocare al meglio i compiti e le responsabilità», affermano gli sviluppatori mettendo volutamente l'accento sugli aspetti positivi di Isaak.

Non solo, «il sistema identifica il grado di attività e di collaborazione dei colleghi ed è in grado di rimuovere i pregiudizi che spesso affliggono i luoghi di lavoro; garantendo che la qualità dell’operato venga giudicata solo in base a parametri oggettivi». Insomma, più meritocrazia e meno simpatie personali. Fin qui tutto bene.

Il rischio però, secondo gli scettici, è incentivare i dipendenti a ridurre al minimo le pause, rischiando di aumentare la pressione sui lavoratori che temono il giudizio dell'algoritmo e che potrebbero incoraggiare le persone a non fare pause o a sprecare tempo. L'altro rischio, quello più etico, è quello di giudicare i lavoratori solamente in base alla mole di lavoro svolto, penalizzando invece comportamenti che non possono essere registrati e analizzati, come prendere del tempo per riflettere su ciò che sta facendo o confrontarsi con i colleghi per ideare qualche nuova soluzione, magari facendo una pausa caffè.

Tra gli scettici Ursula Huws, docente all'università di Hertfordshire: «Il sistema considera chi stacca le mani dalla tastiera per cinque minuti come se non stesse lavorando», ha spiegato la studiosa interpellata dal Guardian. «Purtroppo non è possibile misurare quando qualcuno sta pensando. Quale sarà l’effetto di questi algoritmi sull'innovazione, che ha bisogno di menti creative?». Levata di scudi anche dai sindacati, che lamentano l’impossibilità per i dipendenti di avere accesso a questi dati, riservati ai soli dirigenti. In questo modo, anche difendersi da possibili interpretazioni errate del sistema diventa molto più complesso.

Gli esperti chiamano questa tendenza «economia della precisione», in cui sempre più aspetti delle nostre vite vengono misurati esattamente dall'intelligenza artificiale per aumentare l'efficienza. Programmi già usati dalle app di consegna cibo a domicilio e Uber per massimizzare l'efficienza del flusso lavorativo. Interpretare questi dati in maniera «umana» sarà la vera sfida del futuro, sopratutto sul lavoro.

Nella gallery i consigli dell'esperto per creare un senso di appartenenza al lavoro e prevenire lo stress****.

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