24 maggio 2019 - 18:16

Stella e gli ex famosi Gerardo Bianco, ai giardinetti mai

Ai giardinetti non ci va mai? «Eh... I giardinetti... Sì, sarebbero la mia aspirazione, in fondo. Prima o poi». Ma come prima o poi? A quasi 88 anni Gerardo Bianco, per gli amici Jerry White, già docente universitario, deputato per 9 legislature, vicepresidente della Camera ai tempi di Nilde Iotti, ministro dell’Istruzione, segretario del Partito Popolare Italiano, ridacchia: «Sono un reduce, mica un disoccupato».

di Gian Antonio Stella

Stella e gli ex famosi Gerardo Bianco, ai giardinetti mai
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Ammette che sì, gli è capitato di andarci, ai giardinetti: «Con le mie quattro nipotine. Bellissimo. Meraviglioso». Ma ha troppi impegni... Nessun hobby dopo avere smesso di fare il parlamentare, il segretario o il ministro? «Quello, grazie a Dio, l’ho fatto per poco. E per fortuna non ho fatto danni». Resta immortale il suo esordio dopo il giuramento al Quirinale. «Finalmente potrò comandare a mia moglie Tina, che fa la professoressa». Ride: «E poi manco è successo. Ha continuato a comandare lei. Per prima cosa tentai di far semplificare il linguaggio. Dissi al capo di gabinetto: “Come posso firmare una cosa che non capisco?” Mi trovai un professore che sapeva di legge. Mi dava una mano lui. Un giorno, non so per quale emergenza, mi scrissi una cosa da solo. Tina arrivò sventolandola: “Non si capisce niente!”» Mai stato uno che se la tirava, il vecchio Jerry. «Cercano un leader? Facciano», disse quando capì che non lo avrebbero implorato di restare segretario del partito: «Io non ho mai preteso d’essere iscritto al club degli statisti. Sono un uomo normale, da “pasta e fagioli”». Avellinese di Guardia Lombardi, restano memorabili alcuni duelli con il quasi conterraneo («quasi») Ciriaco De Mita. Una battuta su tutte: «De Mita voleva la mia pelle e io mi sono rotto le palle». Saputo che l’amico-nemico ormai novantunenne si ricandida anche quest’anno a sindaco di Nusco ha ammiccato: «La gioia del potere, sia pure circoscritto al castello dell’antico Signore, lo rende immortale». Niente, in confronto alle scazzottate con Rocco Buttiglione quando la Dc si spaccò. «Rocco è un fico infruttuoso, come quello del Vangelo di Luca», diceva lui. «Bianco è solo il singolare di Bianchi», ribatteva l’altro. «Rocco ha espulso tutti, porterà il cane Teo per far numero». E l’altro, che si sentiva il padrone di casa: «L’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza». E fece tagliare al rivale i telefoni alla storica sede di piazza del Gesù. Replica: «È come Amin Dada, il dittatore dell’Uganda». Quasi un quarto di secolo dopo: mai fatto pace? «Quando ci incrociamo ci salutiamo». «Il principio numero uno in politica è la prudenza. È un’idea di San Tommaso alla quale mi attengo». Era questa la filosofia del nostro. Figuratevi cosa possa pensare dei due rissosi capataz del governo gialloverde: «Stanno stracciando l’anima del Paese. Questo era un Paese che sia nella sua componente cattolica sia in quella operaia credeva nella solidarietà. Dov’è oggi? Dove? Questi sono più statalisti dei peggiori statalisti...» È d’accordo con Silvio Berlusconi? «Lasci perdere Berlusconi! Lui è all’origine di tutto. L’ho sentito dire ancora l’altro ieri che lui nel ‘94 ha salvato l’Italia dal comunismo. Non si rende neanche conto delle puttanate che dice. Ma tornando ai gialloverdi sa cosa non sopporto? Stanno trattando il popolo come una plebe. Stanno alimentando il plebeismo». Sta dicendo che Salvini e Di Maio hanno un rapporto con la “plebe” simile al vecchio clientelismo meridionale? «Sostanzialmente sì. È il solito “lazzaronismo”. Quello di Masaniello. Difatti poi va a finire coi patti. Ma i patti si fanno anche tra le cosche».

«Salvini l’arronza popolo»

Bollato Salvini non come un fascista («Lì c’erano anche delle componenti strutturate, delle idee») ma come «un arronza-popolo che si rifà al bullismo politico», dice che non saprebbe rispondere a chi gli chiede quali sono i migliori, dei nuovi: «Mah... Non mi dispiace Calenda. Forse. Anche Renzi, se si liberasse del renzismo. Ma dovrebbe fare un corso di esercizi spirituali». Rivela che al referendum del 2016 votò No: «Era un pastrocchio». Però «il Paese ha un bisogno estremo di riforme. Non possiamo andare avanti così. Sento parlare dell’ipotesi di un governo Pd-5 stelle. Per l’amor di Dio! Sarebbe peggiore di quello di adesso. La vera questione è: una classe politica seria dovrebbe dare vita, con tutti, a una Costituente». Campa cavallo... Nel frattempo, lui presiede l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia: «È la più antica istituzione culturale meridionalista del Paese. Se vedeste i nomi di chi mi ha preceduto, da Leopoldo Franchetti a Zanotti Bianco direste: ma come ha fatto a finire in mano a Gerardo Bianco? Abbiamo fatto quindici volumi sui Pinakes, le antiche tavolette votive...». E il latino? L’antica passione per il latino? «Ormai con gli anni, purtroppo, l’ho quasi dimenticato. Confido nei cinesi». Cioè? «La settimana scorsa ho partecipato a un convegno dell’Accademia Vivarium Novum a Frascati. Dove vengono ragazzi bravissimi da tutto il mondo, americani, vietnamiti, tedeschi, messicani e così via, che parlano tutti latino. Tre mesi fa hanno invitato una trentina di studenti cinesi che hanno pure cantato versi di Orazio, Catullo, Ovidio! Ci sono scuole in Cina dove insegnano il latino. Dico: in Cina!» Ah, la scuola italiana..

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