Milano avrebbe potuto essere il punto di riferimento per l’Europa del lavoro, ma anche questa volta il gioco non è riuscito. Anzi, pare proprio una mossa suicida, quella che il governo italiano ha compiuto, perché, secondo quanto scrivono le principali agenzie stampa, non ha nemmeno formalizzato la domanda di partecipazione scaduta oggi. E così, dopo la perdita dell’Ema (Agenzia europea per i farmaci), che aveva visto sorteggiati gli olandesi con Amsterdam nel 2017, a contendersi la prestigiosa sede dell’Agenzia europea del lavoro (Ela) saranno altre città: Bratislava (Slovacchia), Nicosia (Cipro), Riga Lettonia, insieme a Sofia (Bulgaria), capitale data ormai per favorita.

L’amarezza è profonda ed è forse lo specchio di una caduta di credibilità che il nostro paese sta coltivando anche con le proprie mani. Non vorremmo che la leggerezza (se così si può dire) compiuta in questo ultimo caso fosse addirittura dettata da un disegno politico, vista l’asimmetria tra il governo nazionale e quello della città di Milano. Avere un punto di monitoraggio e regolazione sul tema dell’occupazione europea e mondiale avrebbe avuto un significato fondamentale grazie alla sede di quella che è definita la capitale del lavoro. Milano andrà avanti nel suo compito istituzionale, nel quale occuperanno un posto primario i temi della creazione e delle trasformazioni del lavoro.

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