C’è in ospedale, a Napoli, una bambina piccola, con i piccoli polmoni trapassati da una pallottola calibro 9. Un’arma da guerra. Non ha ancora 4 anni. Era seduta al tavolino di un bar, di quelli sul marciapiede, con sua nonna. Forse aspettava un gelato. Invece è arrivato un killer camorrista. Ha ammazzato la vittima designata. Ma ha colpito anche lei. Però questa non è la solita storia di Napoli Gomorra. Questa è anche una storia di rinascita.

Perché, durante la manifestazione civile che ha portato lì, in piazza Nazionale dove il sicario ha colpito Noemi, migliaia di napoletani coraggiosi, c’è stato uno più coraggioso di tutti. Uno che ha 23 anni. Che mai aveva parlato in pubblico. Si è fatto passare il megafono. Così, d’impulso, ha raccontato poi. E, su quella marea di teste insieme forti e disperate, la sua voce giovane è esplosa come una bomba.

«Sono Antonio Piccirillo, figlio di Rosario Piccirillo, che ha fatto scelte sbagliate nella vita. È un camorrista. Dissociatevi, figli di queste persone. Perché la camorra è ignobile, ha sempre fatto schifo e non ha mai ripagato».

Questo giovane uomo ha cambiato il mondo. Ha fatto diventare di colpo il mito di Gomorra uno schifo. Questo ragazzo senza padre («Non l’ho mai visto, per vent’anni è entrato e uscito dal carcere») ha saputo diventare, lui, padre. Padre di tutti i figli di camorra che forse provano lo stesso schifo, ma non avevano il coraggio di rinnegare i padri.

ANTONIO PICCIRILLO.

Scriviamolo in maiuscolo, il nome di questo giovane eroe. Ha fatto qualcosa che non si era mai visto. Ha dato ai giovani senza futuro, raccontati da Gomorra, un’alternativa. Ha preso il rischio . Ha aperto il cuore.