6 maggio 2019 - 21:47

Cucchi, medici verso la prescrizione
Il pg: «Una sconfitta per la giustizia»

La richiesta e le considerazioni del Procuratore generale: «Per salvarlo bastava un po’ di umanità». «Processo iniziato male e finito peggio». Ilaria: «Sette anni di depistaggi»

di Ilaria Sacchettoni

Stefano Cucchi Stefano Cucchi
shadow

Una prescrizione che rappresenta anche una sconfitta della giustizia. Così, nove anni dopo, invocando l’estinzione del reato (omicidio colposo) nei confronti di Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo, primario e medici del «Sandro Pertini» dove Stefano Cucchi, detenuto, morì, il procuratore generale Mario Remus sottolinea la resa giudiziaria implicita in questo (inevitabile) passaggio. Perché qualunque sia, a questo punto, l’esito del processo bis nei confronti dei carabinieri accusati di aver picchiato Cucchi, o di quello eventuale verso ufficiali e sottoufficiali che, secondo la nuova inchiesta della Procura, depistarono le indagini, è certo che nel reparto dell’ospedale «Pertini» si verificarono «negligenze imperdonabili». Di più: è lecito parlare, secondo Remus, di una mancanza di «umanità» da parte dell’ospedale. Non solo Cucchi non fu trattato con la dedizione e il riguardo che meritava. Ma, come sottolinea anche l’avvocato del Campidoglio (parte civile), Enrico Maggiore, ci furono lacune e superficialità imperdonabili.

«Stefano era collaborativo»

Neppure la disidratazione del paziente fu rilevata. Un fatto che, per il pg, rappresenta l’indice «di una trascuratezza inammissibile e di una sciatteria che imperversava in quell’ambiente». Dunque l’accusa di omicidio colposo nei confronti degli imputati, pur in via di prescrizione, appare supportata da elementi incontrovertibili né è vero che il ragazzo non collaborasse: «Cucchi — dice Remus — era un paziente difficile sotto l’aspetto psicologico ma non è vero che non collaborava. Un tocco di umanità sarebbe bastato per salvarlo». Da quei medici, conclude l’accusa, non fu ascoltato «dal punto di vista sanitario e da quello psicologico».

La fase della verità

Quanto al primo processo, messo in piedi tra «imputazioni traballanti» nei confronti dei medici e accuse ingiustificate nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria, è «iniziato male» e proseguito «peggio». L’esito — prescrizione per i sanitari del Pertini — è frutto dei depistaggi dell’Arma secondo la famiglia Cucchi. In questa direzione il commento dell’avvocato Fabio Anselmo: «Credo che la dichiarazione di prescrizione sia lo stigma finale di sette anni di depistaggi dei quali, dal 21 maggio (giorno in cui è fissata l’udienza davanti al gip per gli otto carabinieri indagati dal pm Giovanni Musarò, ndr) in poi, saranno chiamati a rispondere generali e alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri». Sul punto interviene anche la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi: «Un processo del tutto sbagliato fatto a spese e sulla pelle della nostra famiglia che ha pagato un prezzo altissimo ma che, fortunatamente, oggi si trova in una fase completamente diversa. Una fase di verità, arrivata grazie al nostro impegno e soprattutto a quello di Fabio Anselmo, ma anche grazie alla presenza di tutti coloro che, in tutti questi anni, non ci hanno mai abbandonati perché da soli non si fa niente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT