5 maggio 2019 - 20:43

Francesca Schiavone: «Cerco un erede tra i bimbi milanesi. Rendo alla città quanto ho ricevuto»

Il progetto dell’ex tennista: «Borsa di studio e io tutor di una giovane promessa». Nei weekend 18-19 e 25-26 maggio, sui campi comunali Saini, Cambini, Fossati, Lido e Washington, accoglierà bambini tra gli 8 e i 12 anni, anche principianti

di Gaia Piccardi

Francesca Schiavone, 38 anni, milanese. È stata numero 4 del mondo, prima italiana a vincere un titolo del Grande Slam. Si è ritirata un anno fa (foto Epa) Francesca Schiavone, 38 anni, milanese. È stata numero 4 del mondo, prima italiana a vincere un titolo del Grande Slam. Si è ritirata un anno fa (foto Epa)
shadow

Francesca è tornata a casa. Ha appeso la racchetta al chiodo (l’anno scorso, a New York, con una conferenza stampa), ha aperto l’album dei ricordi e ha deciso che, a 39 anni, dopo essere diventata la prima tennista italiana a vincere un titolo Slam (Roland Garros 2010) salendo al numero 4 della classifica mondiale, era arrivato il momento di restituire a Milano ciò che Milano le aveva dato. Francesca Schiavone non fa spesso interviste (anche quando vinse a Parigi la inseguimmo fino all’aeroporto per sentirci dire: «Adesso vorrei solo godermi la vittoria: in silenzio»), ma questa volta ha qualcosa da raccontare.

Siamo tutte orecchie.
«A New York, il giorno del ritiro ufficiale, mi arriva un sms del sindaco Beppe Sala: “Complimenti, costruiamo qualcosa insieme? Ti aspetto”. Qualche mese dopo, a Palazzo Marino, rilancia: “Franci se tiri fuori un’idea da sviluppare insieme, io ti supporto”».

Un bel doppio misto.
«Quella sera a cena, con la mia amica Chiara Cossalter, partner in questo progetto insieme al Comune, comincio a rimuginare. Parliamo di me quando ero piccola, dei primi passi milanesi. A quel punto, mi illumino!».

Indoviniamo: cercherà a Milano la nuova Schiavone.
«In un certo senso: il 18 e 19, 25 e 26 maggio aspetto sui campi comunali (Saini, Cambini Fossati, Lido e Washington) bambini tra gli 8 e i 12 anni. Possono anche non aver mai preso in mano una racchetta. Sul sito www.tupuoiprovaci.it tutti i dettagli».

Ci sarà un vincitore? E un premio?
«Al termine dei due weekend sceglierò un bambino o una bambina a cui assegnare una borsa di studio di due anni sostenuta dagli sponsor e da una famiglia milanese che vuole restare anonima».

Quali i criteri di scelta?
«Capacità motoria, coordinazione, carattere: qualità che non si insegnano. Tutto il resto si può imparare».

L’idea che c’è dietro?
«Il tennis è uno sport impegnativo per la famiglia. Lo so per esperienza. Milano mi ha dato le basi, gli inizi prima di prendere il volo. I bambini che partecipano al progetto mi ricordano me stessa. E la borsa di studio varrà per un circolo vicino alla casa del vincitore: per due anni, farò il suo tutor».

La sua Milano, Francesca?
«La zona dietro San Siro, mamma e papà vivono ancora lì. Tutto è iniziato sui due campetti dell’Accademia dell’Inter: oggi sono diventati campi di calcetto. Al Tc Milano di via Arimondi sono arrivata grazie a una brava maestra che non c’è più, Daniela Porzio. Fu lei a notarmi: un’oretta con bambini che non sanno giocare non ti basta più, mi disse».

Ha viaggiato, giocato ovunque, ha casa a Miami. Quando torna a Milano, cosa vede?
«Una città trasformata. Nel centro ma anche nelle periferie come la mia, che è diventata più verde. Il miglioramento è ovunque. Ho vissuto qualche anno in corso Como ma sono scappata: troppa movida. Adesso ho le mie quattro mura con mio fratello a San Siro. Anche i miei genitori, cui avevo proposto di trasferirsi in una zona più centrale, hanno preferito rimanere dove sono cresciuta. Nella mia periferia mi sento protetta».

Il richiamo di piazza Duomo lo avverte?
«In Duomo, da bambina, si andava nel giorno di festa. Si prendeva il tram a San Siro, si passeggiava stando attenti al traffico: in piazza circolavano ancora le auto!».

La conoscenza con Sala a quando risale?
«All’Expo. Subito mi è parso un uomo curioso. Ti piace Milano? Cosa faresti per cambiarla? Le sue non sono mai domande banali».

Quando conquistò Roland Garros, sindaco era Letizia Moratti.
«Mi invitò a Palazzo Marino, le regalai una racchetta. Pisapia, invece, non l’ho mai conosciuto. Ma a me Milano sembra viva e in movimento a prescindere dal colore delle sue amministrazioni».

Il sindaco l’ha coinvolta anche in vista dell’Olimpiade 2026?
«Non abbiamo guardato così in là, ma non c’è limite al dialogo e alla collaborazione. Sala è un guerriero: vuole continuare a crescere. E aumentare la cultura dei cittadini per lo sport è un modo per farlo».

L’esempio di Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani, la generazione delle invincibili, non è stato sfruttato per un nuovo ciclo.
«Noi abbiamo vinto tutto ma il tennis non ha sesso: Fognini a Montecarlo, Berrettini a Budapest, Cecchinato a Parigi l’anno scorso, le Atp Finals a Torino... Sono felicissima per i ragazzi italiani».

La notizia è che a giugno tornerà a giocare a Parigi, insieme alla Pennetta.
«Un revival per puro divertimento. Ho detto a Flavia di allenarsi bene perché voglio vincere! O perlomeno non sfigurare contro Navratilova, Sanchez, Mauresmo e le campionesse dei miei tempi».

La mitica coppa del Roland Garros, la sua, dov’è?
«Chiusa in una vetrina. La guardo e ancora oggi sento salire l’emozione. Devo spolverarla e pulirla regolarmente: è argento, sennò diventa nero».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT