4 maggio 2019 - 22:31

Bambina colpita, la madre in lacrime: «Quando potremo riportarla a casa?»

La disperazione e le continue domande ai dottori: per loro una stanzetta in disparte

di Fulvio Bufi

Bambina colpita, la madre in lacrime: «Quando potremo riportarla a casa?»
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NAPOLI Sull’ingresso del Santobono, l’ospedale pediatrico al centro della collina del Vomero, qualcuno ha affisso una grande scritta rosa con il nome della bambina che in un letto al primo piano del palazzo oltre il cancello, sta combattendo la prima battaglia della sua vita, ed è già la battaglia più impegnativa perché c’è in gioco la sopravvivenza. Su quello stesso piano, in una stanza messa a disposizione dal primario Massimino Cardone e protetta dalla discrezione dell’intero personale medico e paramedico, e pure da un paio di poliziotti giù nel cortile e altrettanti sul pianerottolo in cima alle scale, ci sono due ragazzi che avranno sì e no venticinque anni e che da quasi due giorni non si muovono da lì. Sono i genitori della bimba. La mamma è arrivata con lei quando l’hanno portata al pronto soccorso dopo la sparatoria in cui è stata colpita in piazza Nazionale, il papà si è precipitato immediatamente dopo.

Le domande al primario

Da quando sono qui nessuno li ha visti nei corridoi o al bar al piano interrato, magari per bere un caffè: stanno lì in quella stanza, e saltano ad ogni rumore che arriva da oltre la porta chiusa. Lei piange per ore. Si ferma soltanto quando può incrociare lo sguardo di un medico, nella speranza che quello sia entrato per dirle che sua figlia è fuori pericolo, che è tutto passato, che sta guarendo. Ma non funziona così, nessuno per adesso può tranquillizzare quei due ragazzi. Al primario e agli altri medici del reparto avranno posto già decine di volte la stessa domanda: «Guarirà? Si riprenderà? Potremo riportarla a casa e tornare alla nostra vita?». Ma la risposta che vorrebbero sentire nessuno gliel’ha ancora data. «Io ho il dovere di dire la verità», spiega il dottor Cardone. E la verità adesso dà speranze, ma ancora nessuna certezza. La bambina potrà guarire, certo.

Le cure

Potrà farcela perché sta avendo tutte le cure possibili e perché i bambini sono forti, hanno capacità di ripresa a volte sorprendenti. Ma bisogna aspettare, lasciar passare le ore e seguire momento per momento la situazione, sperando che ci siano sempre segnali positivi da cogliere. La speranza è l’unica cosa che si legge negli occhi di chiunque abbia come meta il reparto di Rianimazione di un ospedale pediatrico. Ogni adulto che si ferma al primo piano del Santobono ha un figlio o un nipote ricoverato oltre quella porta in ferro che non può essere spalancata nemmeno all’orario delle visite. Eppure i parenti della bambina ferita si riconoscono immediatamente: nel loro sguardo non c’è soltanto il dolore e l’angoscia. C’è la sorpresa, l’incredulità di essersi trovati a passare in un attimo dalla serenità e dalla spensieratezza alla paura più profonda. Alle due del pomeriggio, ancora un’ora prima che scatti l’orario delle visite, il cortile del Santobono è già pieno di persone consapevoli che non potranno nemmeno vederla, la bambina, e che però non aspettano altro che salire su al primo piano. Ci sono quelli che hanno la stessa età dei genitori, e qualcuno più anziano. Probabilmente c’è anche la nonna, che l’altro giorno era rimasta ferita anche lei, ma lievemente, e ieri mattina è stata dimessa dall’ospedale e ha chiesto di essere accompagnata subito dalla nipote. Stanno in disparte, non vogliono essere avvicinati, non è il momento di parlare con nessuno, questo. È il momento dell’emozione e delle lacrime, come quelle che una ragazza avvolta in un piumino grigio non riesce a trattenere mentre resta seduta sulle scale finché il fidanzato non la convince ad andare via. E restano solo i genitori della piccola.

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