Esteri

Venezuela, scarsa partecipazione alla protesta dell'opposizione davanti alle caserme

Una donna protesta davanti al quartier generale della Marina (afp)
A Caracas l'appello di Guaidó ha portato in piazza qualche centinaio di manifestanti. Maduro ai militari: "Pronti a reagire in caso di attacco americano"
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CARACAS - Il quinto giorno dell'"Operazione libertà" è quello che più di tutti somiglia a una sconfitta per l'opposizione a Nicólas Maduro. A Caracas la chiamata di Juan Guaidó, il presidente dell'assemblea nazionale autoproclamatosi capo dello Stato ad interim, affinché i venezuelani occupassero permanentemente le piazze è caduta nel vuoto di una città che, complice anche una leggera pioggerellina tropicale, sembra ormai definitivamente tornata alla normalità. Il "come se niente fosse successo", del resto, è una delle principali specialità di Caracas, la capitale capace di cancellare a tempo di record, con un colpo di vento, ogni traccia e ogni memoria degli avvenimenti più violenti.

Nei piani dell'opposizione, i venezuelani avrebbero dovuto scendere in piazza e andare davanti alle caserme di tutto il Paese cercando di convincere le forze armate a passare dall'altra parte, ad abbandonare "l'usurpatore" Maduro, e ad unirsi alla lotta di Guaidó e dei suoi sostenitori. L'unica reale ambizione di tale strategia era quella di tenere alta la tensione, fiaccare le resistenze di Maduro e sostenere così l'attività degli americani, impegnati in questi giorni a cercare con Mosca una soluzione il più possibile pacifica al dossier Venezuela.


Il risultato però è stato a dir poco deludente. Nei vari punti previsti, si sono presentate poche decine di persone che sono state convinte a ritirarsi dalle forze dell'ordine, e anche in un modo tutto sommato gentile. Il maggior successo i sostenitori di Guaidó l'hanno ottenuto davanti alla caserma del municipio Libertador, dove uno dei capi degli attivisti dell'opposizione, Carlos Julioi Rojas, ha apertamente parlato di trionfo. "Siamo centinaia - dice - e non abbiamo subito alcun tipo di repressione, ci hanno lasciato leggere l'appello senza battere ciglio e abbiamo fatto la nostra dimostrazione pacifica e democratica senza problemi. E sapete perché non ci hanno toccato? Perché loro sono d'accordo con noi. Anche loro soffrono la fame come noi, e i loro figli e le loro mogli. C'è stato un cambio di mentalità nelle forze armate".

Meno bene è andata alla Casona - la residenza ufficiale della presidenza del Venezuela - dove i soldati hanno dato fuoco all'appello dell'opposizione.

Leggermente meglio per i sostenitori di Guaidó fuori Caracas, nelle province più lontane dove le condizioni di vita sono decisamente più dure e dove anche la repressione delle forze armate durante le manifestazioni è di solito più violenta.  


Il flop complessivo della protesta organizzata da Guaidò ha lasciato così il campo libero alla contro-retorica di Maduro che per il terzo giorno consecutivo ha lanciato il suo appello alla nazione, a reti unificate. Il solito fiume di parole contro "l'imperialismo nordamericano che pretende di ricolonizzare l'America latina utilizzando la Dottrina Monroe", infarcito di minacce e di messaggi trasversali: "Le nostre forze armate - ha detto - sono profondamente impegnate nella protezione del popolo e nella difesa della sovranità nazionale e della Costituzione". E per questo, "devono essere pronte a reagire in caso di un attacco da parte dei militari americani".