3 maggio 2019 - 23:24

Siri, cosa succede in Consiglio dei ministri? 5 Stelle e Lega pronti a contarsi: sono 8 a 6

Le due forze di governo pronte alla «conta». Anche se c’è chi rispolvera il comitato di conciliazione previsto dal contratto. E dal Quirinale fanno trapelare che la revoca è competenza del capo del governo

di Dino Martirano

Siri, cosa succede in Consiglio dei ministri? 5 Stelle e Lega pronti a contarsi: sono 8 a 6
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Mancano cinque giorni al Consiglio dei ministri previsto (pur se non ancora convocato) per le 10 di mercoledì 8: è quella la prima occasione utile in cui il presidente Giuseppe Conte dovrebbe mantenere l’impegno pubblicamente assunto di proporre la revoca del mandato del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione. E in questi cinque giorni, prima che si passi alla cruda conta dei ministri (sei sono della Lega e otto del M5S), può succedere di tutto.

Se solo Siri si dimettesse, togliendo così d’impaccio Matteo Salvini, il caso verrebbe derubricato ad ennesima scaramuccia di un governo rissoso. Ma, ancora ieri, «fonti della Lega» confermavano che Siri non si dimette: e così si è tornati alla casella di partenza con la prospettiva di uno scontro in Consiglio dei ministri dagli esiti incerti.

Eppure, prima di mercoledì, ci sono in calendario altri due appuntamenti importanti per la maggioranza. Il primo, sponsorizzato dalla Lega, è l’incontro di lunedì, tra il presidente Conte e la ministra leghista Erika Stefani, per tentare una mediazione in extremis sulla complicatissima partita dell’autonomia regionale che i grillini hanno bloccato; il secondo, atteso con ansia dal M5S, è il voto di martedì alla Camera sul taglio di un terzo dei parlamentari che potrebbe forse essere rallentato con un emendamento non ostile (magari sulla norma transitoria che non c’é), se solo i leghisti strizzassero l’occhio al Pd e a Forza Italia.

Così, davanti a una trattativa assai complessa, a Palazzo Chigi c’è chi si è andato a rileggere pagina 6 del contratto di governo in cui si parla del famoso, quanto inutilizzato, «Comitato di conciliazione» previsto un anno fa da M5S e Lega: «Il Comitato di conciliazione — sottoscrivevano Conte, Di Maio e Salvini — si attiverà in tempo utile per raggiungere un’intesa e suggerire le scelte conseguenti (...)»; anche «per addivenire ad una posizione comune con riferimento a tematiche estranee al presente contratto ovvero a questioni con carattere d’urgenza e/o imprevedibili al momento della sottoscrizione del presente contratto». E le dimissioni di Siri proposte da Conte sono la più classica delle «questioni non previste». Quindi il problema è, semmai, un organo fantasma che non è mai stato istituito: «La composizione e il funzionamento del Comitato di conciliazione — è scritto infatti nel contratto — sono demandate ad un accordo tra le parti».

La partita del «licenziamento» di Siri rischia davvero di aprire la conta nel governo: però lo scontro tra i sei ministri leghisti e gli otto colleghi grillini (più il presidente Conte) aprirebbe uno scenario decisamente rischioso per l’intera maggioranza anche se, alla fine, la revoca di Siri proposta da Conte, sentito il Consiglio dei ministri, verrebbe sancita da un Dpr firmato dal capo dello Stato. Ma il Quirinale ha fatto trapelare che la nomina e l’eventuale revoca di un sottosegretario sono atti di indirizzo politico che spettano unicamente al governo; e che la firma del presidente della Repubblica è solo un passaggio formale al termine di un percorso tutto interno a Palazzo Chigi. Come dire: la partita su Siri è tutta interna al governo.

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