Theresa May ha nominato una donna, Penny Mordaunt, alla guida del ministero della Difesa britannico dopo l’uscita di scena di Gavin Williamson, silurato dalla premier a causa del leak sul caso Huawei. Mordaunt, 46 anni, era finora ministra per la Cooperazione Internazionale. Anche lei, come il collega appena defenestrato, ha fama di falco ed è considerata fra i più decisi sostenitori della Brexit all’interno dell’attuale governo Tory. Williamson è accusato di essere all’origine dell’anticipazione ai media della decisione di Londra di consentire – malgrado le pressioni Usa – una partecipazione del colosso cinese Huawei per la fornitura di “componenti non cruciali” del sistema di telecomunicazione 5G.

Williamson, 42 anni, rampante quanto controverso, è stato riconosciuto colpevole dell’indiscrezione sulla base di un’inchiesta interna; e la premier ha fatto sapere d’aver “perso fiducia” in lui. Ministro della Difesa dal 2017 aveva ricoperto in precedenza il ruolo di capogruppo (chief whip) Tory alla Camera dei Comuni. Considerato una figura emergente, era stato indicato da alcuni giornali anche come una potenziale candidato futuro alla leadership del Partito Conservatore al posto della stessa Theresa May. Da tempo gli Usa sono in guerra contro il colosso cinese non solo sul piano commerciale.

Si tratta del secondo ministro della Difesa sostituto nel governo May a causa di un scandalo dopo Michael Fallon, caduto in precedenza sull’onda di sospetti di molestie sessuali. E dell’ennesimo cambio di poltrona di un gabinetto che ha visto saltare in due anni scarsi – anche sullo sfondo delle divisioni sulla Brexit – una ventina di esponenti. Williamson – che con altri colleghi ‘falchi’ aveva espresso secondo i media contrarietà al coinvolgimento di Huawei nel progetto 5G, ma era stato costretto ad accettare la linea della premier – avrebbe fatto trapelare la cosa sul Daily Telegraph con l’obiettivo di cercare di ostacolare la decisione finale. Una condotta denunciata ora da Downing Street – nel gelido e insolitamente duro comunicato diffuso stasera per annunciare il siluramento – come una palese violazione della riservatezza imposta ai partecipanti della riunione ristretta del Consiglio di Sicurezza Nazionale in cui nei giorni scorsi s’era discusso del dossier. Interpellato dalla Bbc, l’ormai ex ministro ha peraltro insistito nel negare di essere stato lui – direttamente o attraverso il proprio entourage – all’origine del leak.

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