Milano

Mille saluti romani per Sergio Ramelli, procura apre inchiesta: l'oltraggio neofascista del 29 aprile di Milano

(ansa)
Cariche e tafferugli durante il corteo non autorizzato per ricordare il militante di destra ucciso nel 1975, indaga la Digos. Il sindaco Sala: "Non stancarci di denunciare, la situazione sta peggiorando"
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Tutto come era prevedibile, anche se non - ufficialmente - previsto. Perché il 29 aprile nero di Milano si è ripetuto come ogni anno, con lo sfregio finale della cerimonia del 'presentè in via Paladini, la strada dove il 29 aprile del 1975 lo studente del Fronte della gioventù Sergio Ramelli fu assassinato dai militanti di Avanguardia Operaia: un migliaio di braccia alzate e di mano tese nel saluto romano, ripetuto più volte, hanno chiuso una lunga giornata di tensione. Ma non le polemiche, visto che ancora una volta i neofascisti di Milano hanno sfidato le forze dell'ordine, le istituzioni e la stessa Costituzione che vieta l'apologia di fascismo.  Adesso la procura di Milano ha aperto un'indagine per manifestazione fascista e manifestazione non autorizzata (perché è stata violata la prescrizione di non sfilare in corteo): nell'inchiesta, coordinata da Alberto Nobili, responsabile dell'antiterrorismo milanese, e dal pm Piero Basilone e condotta dalla Digos, si prevedono molti indagati proprio per quella cerimonia del 'presente' con saluto romano davanti alla lapide per Ramelli. In testa allo spezzone che ha tentato di forzare il cordone di polizia il leader di CasaPound Gianluca Iannone. Ma proprio mentre la procura apre questa inchiesta, il tribunale di Milano assolve quattro militanti di Lealtà Azione per i saluti romani al cimitero Maggiore il 25 aprile 2016.

Neofascismo a Milano, saluti romani per Sergio Ramelli


Iieri sera sono rimasti inascoltati i divieti della prefettura, con uno schiaffo alla Milano antifascista che è scesa in piazza il 25 Aprile e che anche ieri sera ha sfilato dietro lo striscione: "Nazisti, no grazie".  Dice adesso il sindaco Beppe Sala: "Purtroppo me l'aspettavo, anche se c'era chi ieri diceva che non si doveva vietare un corteo e  che sarebbe stata una manifestazione pacifica. La situazione sta peggiorando, ogni giorno io dico che non bisogna drammatizzare, ma ogni giorno si va un po' più in là. Non dobbiamo dare la sensazione di lasciar correre e non dobbiamo stancarci di denunciare: prefetto e questore sono professionisti che fanno il loro dovere con grande dedizione e passione ed è importante che siano al fianco delle istituzioni".

C'è stata una lunga mediazione, ieri sera, per non far degenerare la situazione. Perché quando, dopo le otto, quello che doveva essere un presidio in forma statica in piazzale Susa per ricordare Ramelli è diventato un corteo, la polizia in tenuta antisommossa è dovuta intervenire subito con due cariche consecutive contro un gruppo di neofascisti - in strada c'era tutta la galassia nera, da CasaPound a Forza Nuova e a Lealtà Azione - ha tentato di forzare lo schieramento di scudi e divise per avvicinarsi pericolosamente all'altro corteo, quello antifascista. Qualche tafferuglio, lievi feriti tra i manifestanti e le forze dell'ordine. E alcuni politici, da Carlo Fidanza di Fratelli d'Italia a Max Bastoni della Lega, subito intervenuti in prima fila, tra i neofascisti, per tentare la mediazione con la questura. E ottenere quello che sin dall'inizio volevano: un corteo visibile per le strade della città.


Un tentativo riuscito a metà: niente fiaccole come previsto inizialmente, ma sfilando a gruppi, camminando un po' sui marciapiedi e un po' per strada, con l'aria densa di tensione. L'arrivo in via Paladini, con lo striscione srotolato e la grande scritta 'Nel loro nome', e per loro si intendono quelli di Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani. Con quel finale, mille braccia tese nei saluti romani, ripresi da tante telecamere, ed è quasi certo che, come ogni volta, questo porterà all'apertura di un fascicolo in procura, in base anche alla relazione della Digos.

(fotogramma)