I neolaureati e l’insipienza dei politici

La figlia di Eleonora a tre anni, grandi occhi aperti sul mondo
La figlia di Eleonora a tre anni, grandi occhi aperti sul mondo

Questa lettera ce la scrive Eleonora Amatucci, Firenze

“Sono mamma di una  laureata in medicina, con lode, a Firenze. Il test iniziale , per l’ingresso a Medicina, ci sembrava una garanzia di serietà e percorso professionale garantito (certo, non al 100/%). Supponendo che politici e amministratori sapessero prevedere le necessità sostenibili in questo ambito professionale e di Servizio Pubblico”.

“Nostra figlia, come altre sue colleghe e colleghi, ha lavorato con serietà e costanza, laureandosi alla prima sessione del sesto anno. I primi, insomma, a giungere al traguardo, del suo anno di immatricolazione. A questo punto  i test di ammissione ai corsi di Specializzazione si sono rivelati una prova ostica non per la preparazione specifica, ma per l’aspetto psicologico. .. ma non solo.
I posti a disposizione degli aspiranti sono all’incirca la metà. Significa che, secondo i politici e chi amministra la sanità sarebbero serviti solo la metà degli studenti ammessi in facoltà sei anni prima? O che solo la metà dei laureati italiani è meritevole di di continuare il percorso di formazione obbligatoria per accedere al Servizio Sanitario Nazionale?”.

“Mi ero già indignata con altre lettere: nessuna risposta. Torno a scrivere, questa volta a lei, di fronte all’indecenza di cui si parla: medici in pensione richiamati in servizio, assunzione di medici non italiani, bando di concorso per laureati non specializzati… Come se i medesimi che propongono queste ‘soluzioni’ non si fossero già dimostrati manchevoli, incompetenti e, adesso, in malafede.
Ognuna delle ‘soluzioni’ che viene prospettata è dannosa per i nostri laureati, penalizzati in ognuno dei tre casi, è dannosa per i cittadini e i pazienti  italiani, è il segno di malafede, incompetenze e superficialità dei politici/amministratori”.

“Certo, occorre trovare soluzioni, dopo aver ammesso l’insipienza degli anni precedenti,   per rendere elastico il sistema, in modo da riassorbire il numero degli aspiranti specializzandi con modalità comunque di formazione, a garanzia loro e di noi, noi che siamo i cittadini che ‘pagano’ il Servizio Sanitario, i pazienti che hanno necessità”.

“Ho sempre pensato che il sistema adottato  per l’ammissione alle borse di specializzazione fosse una penalizzazione miope, e lesiva dei diritti degli studenti. Specializzazione è sinonimo di formazione obbligatoria. E lo Stato non può, io credo, interrompere un percorso di formazione obbligatoria per una professione (soprattutto se si è adottato il criterio del numero chiuso…)”.

“Mia figlia, comunque, ha trovato uno spazio professionale, con tutte le precarietà oggi vigenti, ma di grande soddisfazione per lei: da parte di colleghi, superiori, pazienti. E ciò la consola: è un medico e una persona che vale, a dispetto di ogni test”.