VENEZIA – Nel fiume Po ci sono quantità di sostanze Pfas di nuova generazione superiori di duemila volte a quelle che sono state riscontrate nel sottosuolo della Miteni, la fabbrica di Trissino che sarebbe all’origine della grave contaminazione della falda che si trova sotto buona parte delle province di Vicenza, Verona e Padova. La rivelazione-choc è contenuta in un esposto che la Regione del Veneto consegnerà alla Procura della Repubblica con i dati già resi noti una decina di giorni fa dei livelli altissimi di inquinamento delle acque del più lungo fiume italiano.

L’annuncio è stato dato da Nicola Dell’Acqua, commissario delegato per i primi interventi urgenti di Protezione civile in conseguenza alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche, frutto di lavorazioni industriali. La denuncia riguarderà, però, non tanto i Pfas della Miteni, per i quali sta già procedendo l’autorità giudiziaria di Vicenza, ma quelli trovati nel Po. “In tema di Pfas – ha dichiarato Dell’Acqua – la Regione del Veneto sta cercando di spiegare a tutta Italia che se non saranno definiti dei limiti nazionali non si potrà limitare l’uso di queste sostanze e agire con le necessarie bonifiche dei siti già inquinati. Nel Po ci sono Pfas in quantità 100 volte superiori a quelle di Miteni, mentre il C6O4 – che è un Pfas di nuova generazione – è presente addirittura in quantità quasi 2000 volte superiore. È nostro dovere far rilevare questa situazione e lo faremo la settimana prossima alla Procura, così come l’Arpav lo ha già fatto nel 2013 per le sostanze Pfoa e Pfos”.

Il Veneto rivendica in questo modo un ruolo di traino nella messa al bando delle sostanze che finora hanno contaminato almeno 16mila abitanti nella zona inquinata dalla Miteni, avviati a esami di secondo livello dopo un primo monitoraggio, come accertato dal più recente rapporto sullo stato di salute delle persone che vivono nella Area Rossa inquinata.

Per quanto riguarda il Po, che in Veneto lambisce la provincia di Rovigo, il commissario delegato si rivolge alle altre regioni della Pianura Padana. “Questi dati parlano chiaro. Come Veneto, con l’Autorizzazione Integrata Ambientale alla Miteni siamo intervenuti bloccando l’attività riguardante il GenX e il C604, i Pfas d nuova generazione. Ma con questo provvedimento regionale non possiamo fermare tutti gli sversamenti che raggiungono il Po. Soltanto ogni singola regione può intervenire sulle aziende che si trovano nel suo territorio. Ciò conferma, inoltre, che non è vero che sarebbero bastati limiti posti dal Veneto per contenere l’inquinamento da queste sostanze. Noi avevamo fermato la produzione di queste sostanze, ma nel Po continuano ad esserci quantità eccezionalmente superiori a quelle del sito Miteni”.

Secondo la Regione, in Veneto sono già stati imposti i filtri alle centrali di potabilizzazione del Po. Ma dal grande fiume pescano anche città non venete, che quindi utilizzano acqua inquinata. “Per questo abbiamo segnalato alle altre regioni quello che abbiamo trovato e quello che stiamo facendo. È nostro preciso dovere, a questo punto, anche rivolgerci alla Procura della Repubblica perché nessuno minimizza quanto è accaduto sotto la Miteni, ma non ci si può bendare gli occhi davanti a ulteriori tipi di inquinamento”.

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