il sovranismo e il sol levante

La Lega e il modello Giappone: margini di manovra difficili da replicare

di Stefano Carrer

2' di lettura

Uno degli aspetti meno citati dell’«Abenomics» riguarda gli sforzi per alzare l’età pensionabile fino a oltre 70 anni e per spronare la gente a lavorare il più possibile: il premier giapponese avrebbe ieri faticato a contenere il suo stupore se Matteo Salvini gli avesse parlato di retromarce e quote 100 in un Paese a quasi altrettanto rapido invecchiamento della popolazione.
Ma c’è un aspetto che accomuna Italia e Giappone in grado da solo di mettere in discussione l’idea di una Tokyo capitale del Paese di Bengodi: nemmeno la piena sovranità monetaria sta preservando il Sol Levante da un lacerante dibattito su un rialzo dell’Iva già nelle carte, destinato a intensificarsi in estate e nel primo autunno.

Il previsto aumento scatterà - dopo due rinvii già effettuati - il primo ottobre. Visto che il precedente ritocco del 2014 provocò una recessione, Abe è strattonato tra i politici del suo partito che chiedono un’altra proroga e i rigoristi della sua “Bruxelles», annidati nel Ministero delle Finanze, ai quali ha giurato che non avrebbe più procrastinato a meno di una crisi internazionale in stile 2008. Paradisiache sono le cifre - basse - di cui si parla: l’Iva (che fino all’89 nemmeno esisteva) dovrebbe aumentare dall’8 al 10%. Questo significa anche che il Giappone ha più spazi per manovrare la leva fiscale, in un contesto sia di entrate sia di spese relativamente basse in percentuale sul Pil.

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Vari altri fattori strutturali- alcuni dei quali sottolineati in un recente studio di Andrea Gorga per l’Osservatorio CPI dell’Università Cattolica intitolato «Un paradiso sovranista?» - rendono arduo replicare il modello Sol Levante. Il Giappone ha le seconde maggiori riserve valutarie al mondo ed è primo per la posizione di creditore netto nei confronti dell’esterno. Gli ingenti investimenti effettuati all’estero garantiscono ritorni finanziari che assicurano un largo surplus nella bilancia dei pagamenti: in parte, insomma, vive da «rentier». Il debito è quasi tutto detenuto da investitori domestici e denominato in yen. La sua credibilità finanziaria non è stata (finora) intaccata: i grandi speculatori che ci hanno provato hanno sempre accusato perdite ingenti. Se Tokyo - come affermano molti economisti - ha in effetti «comprato crescita» attraverso un aumento del debito, i livelli di indebitamento destano diffuse preoccupazioni anche da quelle parti e le linee guida governative sono impegnate a ridurli. E Abe deve mettere in conto che una parte consistente dell’opinione pubblica considererebbe non un gradito regalo, ma un atto irresponsabile un ulteriore rinvio sull’Iva.

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