L’esibizione dello striscione fascista poco lontano da Piazzale Loreto prima, i cori razzisti con tanto di banane gonfiabili poi, la coda di polemiche sul mancato stop della partita e a mettere il punto, la ferma condanna della Lega di Serie A. Milan-Lazio, semifinale di Coppa Italia di scena a S.Siro, non finisce più e ricalca un copione già tante volte visto dentro e fuori gli stadi italiani, dove a referto ormai gli episodi di intolleranza ed estremismo vanno a braccetto con i gol. Così, mentre la Confindustria del calcio condanna «con fermezza gli episodi di razzismo» e auspica la «massima collaborazione da parte delle Forze dell’Ordine per individuare e punire i responsabili», Milan e Lazio prendono posizione. Il club rossonero «sente il dovere di denunciare ai massimi Organi sportivi i gravi episodi di ieri, per i quali la Procura Federale non ha ritenuto opportuno avviare le procedure per porvi fine», mentre quello biancazzurro si definisce «parte lesa. I danni di queste minoranze ricadono sulla società e sui tifosi. La stragrande maggioranza dei tifosi laziali non accetta questi episodi», sottolinea il portavoce Arturo Diaconale ricordando che sui «buu allo stadio l’arbitro non ha sentito nulla, quindi se ci sono stati, sono stati sopravanzati dal resto del pubblico». Ma stavolta c’è una domanda in più: la partita andava sospesa?

Che non sarebbe stato “solo” calcio lo si era capito fin dal pomeriggio, con la lo striscione degli Irriducibili inneggiante a Mussolini e in più c’era il precedente della vicenda Bakayoko-Acerbi a esacerbare ulteriormente gli animi e l’attesa. Che non è andata, purtroppo, delusa già nel prepartita con gli insulti razzisti nei confronti del giocatore francese. Episodi dai quali, in una nota all’Ansa, la Lazio aveva preso le distanze ieri sera («Non risponde ai nostro valori»). E poi i cori, con i due richiami dello speaker, ma senza interventi sulla partita. Né da parte dell’arbitro Mazzoleni (lo stesso di Inter-Napoli, altra partita incriminata con i ripetuti buu a Koulibaly), né dei responsabili designati dal ministero degli Interni.

Le nuove regole però parlano chiaro: Milan-Lazio, alla luce di quanto sentito allo stadio, poteva essere sospesa. Stando alle nuove norme, infatti, in caso di manifestazioni di stampo razzista, il primo annuncio dello speaker ne chiede la cessazione e nel caso rimanesse inascoltato l’arbitro può interrompere momentaneamente la gara, fermo restando che la decisione ultima resta di competenza del responsabile dell’ ordine pubblico.

Il giorno dopo, quello che filtra è che il quarto uomo Giacomelli avrebbe risposto alla panchina rossonera, dove i cori erano percepiti chiaramente, come peraltro in gran parte dello stadio, tribuna stampa compresa, che non si sentiva nitidamente. In campo non è dato sapere, anche se si diceva che i giocatori avevano sostanzialmente deciso di ignorare i cori, in nome di quel fair play “stempera-animi” annunciato alla vigilia dal tecnico rossonero. Per la Lega di A adesso occorre «individuare e punire i responsabili. Non è accettabile dover sentire nei nostri stadi aggressioni verbali di intolleranza e faremo quanto in nostro potere per contrastare simili accadimenti che offuscano l’immagine del nostro mondo». L’auspicio del Milan è che, «con l’impegno di tutti, vengano presi dei provvedimenti affinché il razzismo possa essere debellato da tutti gli stadi italiani», col presidente Scaroni che ha definito «avvilente sentire in un settore del nostro stadio ululati e insulti razzisti. È doveroso non abbassare la guardia: il calcio è rispetto. Il calcio deve unire e non dividere». Una condanna che arriva dopo le parole del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che oggi aveva tirato in ballo anche i due club, dai quali - aveva detto stamani - «io non ho sentito parole di condanna. E questo è veramente scioccante, non possono lavarsene le mani così perché sono parte di questo sistema».

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