22 aprile 2019 - 18:03

Francesca Sacco, scienziata e mamma: così ho ha scoperto la molecola rivoluzionaria per il diabete

Trentasei anni, ricercatrice dell’università di Tor Vergata, madre di Emma, sta per partorire Giulio. Ma continua a seguire la sua ricerca, che potrebbe cambiare la vita a migliaia di malati di diabete

di Valentina Santarpia

Francesca Sacco, scienziata e mamma: così ho ha scoperto la molecola rivoluzionaria per il diabete
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A 37 settimane di gravidanza, e con la piccola Emma (4 anni) che le saltella intorno, ancora continua ad aggiornare dati e controllare elementi al computer. «La verità è che non si smette mai», ride Francesca Sacco, 34 anni, romana, biologa e ricercatrice all’università Tor Vergata, incinta del piccolo Giulio. Che sia un moto perpetuo, che dentro quel corpo esile si nasconda una centrale di energia anche a pochi giorni dal parto, lo dimostra il fatto che proprio qualche giorno fa il suo nome è rimbalzato dalla rivista Cell Metabolism ai siti internazionali perché ha scoperto una molecola, ‘GSK3’,che impedisce alle cellule pancreatiche di produrre insulina, l’ormone che regola la glicemia. I primi test sui topi suggeriscono che spegnendola si potrebbe frenare il diabete di tipo 2.

Francesca Sacco, scienziata e mamma: così ho ha scoperto la molecola rivoluzionaria per il diabete

La scoperta

«Il diabete di tipo 2 è causato da due fattori -spiega Francesca- da un deficit del pancreas che non risponde correttamente all’aumentata concentrazione di glucosio quando mangiamo, e quindi porta a un deficit di insulina, e dall’altro quando si ha un difetto nella risposta dei tessuti periferici, come il fegato, che non sono in grado di rispondere all’insulina». E quindi? «Quello che ho fatto io è stato prendere il pancreas di topi malati di diabete 2 topi sani e poi applicare una particolare tecnologia che ho imparato a Monaco, al Max Plank, dove ho lavorato per cinque anni. E così ho scoperto che una particolare proteina è molto accesa nel pancreas dei topi diabetici, e che quando era molto attiva la produzione di insulina diminuiva molto, per cui andando a inibire con un farmaco questa proteina, ho ipotizzato che si potesse ripristinare anche la produzione di insulina». Come è andata? «Così è stato: si è spenta la produzione di questa proteina e si è ripristinata la produzione di insulina. Tra l’altro si tratta di un farmaco che già viene usato nei trial clinici per il melanoma. La mia speranza è che ora i risultati possano essere confermati in altri soggetti affetti da diabete e che poi si possa applicare la tecnica anche per la cura della malattia negli esseri umani». In sostanza, cambiando la vita a migliaia di persone. Eppure Francesca non ha pensato di tenere la scoperta segreta per brevettarla, perché il suo interesse è altro: «A me piace la ricerca di base, mi piace capire quali sono i meccanismi che regolano determinate funzioni delle cellule».

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Da Monaco a Roma

Meccanismi grazie ai quali però poi può partire la ricerca applicata, per la cura di moltissime malattie. «Sì, l’ho capito soprattutto al Max Plank, dove c’è uno dei migliori laboratori al mondo per una tecnologia che si chiama proteomica: praticamente serve a identificare il maggior numero di proteine in una cellula o in un organo o in un tessuto perché conoscere quali sono le proteine e il loro stato di attivazione ti permette anche di capire quella cellula che sta facendo. E quindi a capire quale proteina devi guardare se hai una certa patologia». Con la sua specializzazione in biologia cellulare e molecolare, una tesi sulla scoperta dei meccanismi che controllano la crescita di cellule tumorali, Francesca sembrava destinata a rimanere in Germania, dove le condizioni di lavoro e i finanziamenti erano adeguati al suo entusiasmo. «E invece nel 2017 ho vinto prima una borsa di studio dell’Oreal, Women in Science, e poi un’altra del ministero dell’Istruzione per il rientro dei cervelli in Italia: ho avuto così un posto da ricercatore di tipo B, che con l’abilitazione, che io già ho, dopo tre anni ti permette di diventare in maniera quasi automatica professore associato. A Monaco mi hanno salutato con dispiacere, ma io ero felice di rientrare».

La competizione

Francesca, giovanissima, si è trovata ad occupare un ruolo già piuttosto importante: «Ma non mi sono mai sentita boicottata, tutt’altro, in Germania appena seppero che ero incinta mi affiancarono una tecnica di laboratorio per evitare che venissi a contatto con elementi tossici, e anche ora qui ho diversi dottorandi che mi aiutano. Certo- ammette - più guardi le posizioni in alto, più ci sono uomini, ma come in tutti i campi. E come tutte le madri, mi sento che in certi periodi tutto si concilia, in altri niente: ci sono momenti in cui fai qualcosa bene, altri in cui tutto ì più difficile». L’Italia non è campionessa di welfare per aiutare le madri a conciliare il lavoro con la famiglia, né primeggia per gli stanziamenti per la ricerca, eppure Francesca non ha dubbi: «Fare ricerca è complicato in qualsiasi ambito: ci sono pochi soldi e una competizione pazzesca. Penso a chi la fa nel campo dell’archeologia o delle lettere, dove ci sono ancora più difficolta. Eppure in Italia ho trovato un entusiasmo incredibile, non cambierei lavoro per niente al mondo». Per cui in attesa di rientrare all’università, a settembre, continua a seguire il progetto finanziato dall’Airc, sulle studio delle leucemie mieloidi acute, e a cercare finanziamenti per le ricerche sul diabete. E sua figlia? Lei già promette bene: «Altro che bambole: a me gli insetti fanno schifo, lei li adora!».

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