22 aprile 2019 - 22:43

Torino, migrante contro i poliziotti: «Invocava Allah, poi ci ha aggrediti»

L’anno scorso aveva tirato un pugno a un carabiniere, ma dopo poche ore tornò libero. Una guardia giurata: «Era una furia, sembrava indemoniato. Lo abbiamo placcato»

di Elisa Sola

Torino, migrante contro i poliziotti: «Invocava Allah, poi ci ha aggrediti»
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TORINO — «La sorpresa, e il vero choc per me, è stato sentire il suono della lama sulla testa del poliziotto. Uno schiocco che lo ha abbattuto. Un rumore a cui penso e che mi impressiona perché alla fine, se non è morto, è solo per un colpo di fortuna». Nicola La Capra, guardia giurata di Securitalia, ha 36 anni e 18 di servizio. Non è un vigilante alle prime armi. Eppure non riesce a dimenticare la visione di Ndiaye Migui, senegalese di 26 anni, che la domenica di Pasqua, nascosto in una baracca nel cantiere dell’Esselunga — periferia Nord di Torino — agguanta la lama di ferro e la sferra sul capo dell’agente gridando più volte «Allah» e altre parole incomprensibili. «I colleghi non se l’aspettavano, è uscito con quell’arma e ha sferrato colpi con tutta la rabbia del mondo contro il collega della Dora 2: urlava in maniera disumana» racconta un poliziotto che ha cercato di bloccare l’africano. La guardia giurata prosegue: «Mentre l’agente era a terra noi abbiamo pensato solo a buttare giù il senegalese». Così è stato. «Quell’uomo era una furia, ma un poliziotto della volante “Milano 2” è riuscito a disarmarlo restando ferito alla mano», aggiunge l’agente. Alla fine i feriti medicati in ospedale, non gravi, sono tre. E la guardia racconta: «Se non fossimo riusciti a placcarlo, gli avremmo sparato alle gambe: non restavano molte altre alternative».

Le testimonianze

I poliziotti feriti e il vigilante, dopo le dimissioni dall’ospedale, si sono ritrovati negli uffici del commissariato Barriera di Milano. Le loro testimonianze andranno a costituire tasselli preziosi nel procedimento per tentato omicidio a carico di Migui, in Italia dal 2016, irregolare e che ha precedenti per resistenza e violenza a pubblico ufficiale e due decreti di espulsione alle spalle. Nessuno si aspettava quella reazione. Anche perché, quando alle 14.30 di domenica scorsa hanno bussato alla porta della capanna abusiva del senegalese, esortandolo a lasciare la proprietà privata, era soltanto per chiedergli i documenti. Un intervento di apparente routine.

Interviene il ministro

Adesso, tra gli agenti, c’è del pesantissimo malumore. Luca Mainardi, ispettore delle volanti e sindacalista del Sap, la domenica di Pasqua avrebbe dovuto essere di turno. È rimasto a casa per un infortunio. Pensando ai colleghi, si chiede: «Fino a quando starà in galera l’aggressore? Come lui ne abbiamo arrestati decine. Che poi vengono sempre scarcerati. Quel fabbricato è in disuso da vent’anni. Tra tossici e senzatetto, gli interventi non li contiamo più». Sull’episodio è intervenuto anche Matteo Salvini. «Portato in questura, ha gridato insulti — ha dichiarato il ministro dell’Interno — contro il presidente Mattarella e il sottoscritto: nessuna tolleranza per i balordi e i violenti che attaccano le forze dell’ordine». Solidarietà ai feriti è arrivata anche dalla sindaca Chiara Appendino e dal governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino.

I precedenti

Ndiaye Migui avrebbe vissuto almeno 24 giorni barricato nel riparo di fortuna di via Cuneo, armato di spranghe, una mannaia, pietre e catene. Il 29 marzo scorso era già stato notato, per il suo fare sospetto, da una guardia giurata nel cantiere. Il vigilante aveva chiamato la polizia, intervenuta con due pattuglie alle 16.05. Il senegalese era stato arrestato un’ora più tardi per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, dopo che aveva tirato un ceffone a uno degli agenti delle volanti di Dora Vanchiglia. «Salvini è un bastardo, vaff... alla polizia», aveva urlato, spintonando altri agenti, in questura. Portato alla Scientifica, si era rifiutato di farsi prelevare le impronte: la Procura aveva quindi dato — telefonicamente — l’ordine di liberarlo. Migui è sbarcato in Sicilia nel 2016. Da un centro di accoglienza di Ragusa era stato spostato in una comunità a Dronero (Cuneo). Nel gennaio del 2018 il primo arresto, per aver tirato un pugno a un carabiniere, non lo fermò: venne scarcerato dopo poche ore. A febbraio nuovo arresto a Torino per aver malmenato dei poliziotti, ma si ripete lo stesso copione. E nemmeno due provvedimenti di espulsione sono serviti a bloccarlo.

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